Il controllo del Giudice Tutelare è uno tra i momenti cruciali tra le attività connesse all’esecuzione di un trattamento sanitario obbligatorio, poiché posto a garanzia dei diritti del malato. Deriva dal dettame Costituzionale di cui all’Art. 32, a statuire che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario senza che avvenga contro la sua espressa volontà. Nella realtà dei fatti, invece, potrebbe accadere che l’osservanza di questa prescrizione venga meno. E’ il caso, ad esempio, del soggetto che viene sottoposto a cure mediche contro la sua volontà ai sensi dell’Art. 34, Legge del 23 dicembre 1978, istitutiva del servizio sanitario nazionale.
Art. 32 Cost.
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Affinché possa prevalere il diritto alle cure rispetto a quello della libera determinazione al rifiuto delle stesse, è necessario ci si trovi ad operare in una scriminante dello “Stato di Necessità”
Art. 54. C.P. Stato di necessità.
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

Non è sufficiente ricorrere a questa scriminante per imporre un trattamento sanitario ad una persona che rifiuti di sottoporsi alle cure sanitarie, specie in un’epoca in cui si discute sulla volontà di determinarsi anche nella morte (eutanasia). Sono necessarie delle condizioni sanitarie tali per cui non si possono scegliere modi alternativi al ricovero ospedaliero ed il paziente non accetta le cure proprio in ragione dello stato mentale di malattia in cui versa.
La Corte costituzionale ha, inoltre, specificato che l’esecuzione coattiva del trattamento sanitario deve avvenire nel rispetto di quanto espresso dall’art. 13 Cost. poiché esso appronta una tutela che è irrinunciabile ed è per questo centrale nel disegno costituzionale, avendo ad oggetto un diritto inviolabile come quello della libertà personale.
Altro criterio costituzionale da osservarsi nell’esecuzione dell’Ordinanza Sindacale che abbia ad oggetto il trattamento sanitario, è il rispetto della persona umana. Ciò comporta che il trattamento sanitario coattivo debba essere mirato ad un miglioramento o, in ogni caso, non essere deleterio per la salute del soggetto che vi è sottoposto non potendo comportare conseguenze negative, se non quelle tollerabili per la loro natura vista la temporaneità e scarsa entità. Sarebbe, dunque, inconcepibile che una persona subisca degli effetti lesivi finanche la morte in ragione dell’esecuzione di una ordinanza che, ancorché obbligatoria, non dimentichiamolo mai, ha per obiettivo la cura del malato.
E’ proprio dal combinato disposto dei commi dell’art. 32 Cost. che si può evidenziare come ci sia al primo posto la tutela della libertà di salute individuale, mentre l’imposizione e l’obbligo di cure e terapie deve essere un’eccezione ben regolata e determinata dalla legge solo in casi eccezionali.
La figura del Giudice Tutelare per la salvaguardia dei diritti
Il Giudice Tutelare, quindi, interviene per coniugare tutti questi aspetti ma non d’iniziativa, a partire da ciò che l’interessato fa valere mediante l’esercizio dei propri diritti appellandosi all’Ordinanza esecutiva del Trattamento.
Entro quarantotto ore dal ricovero, il provvedimento con il quale il sindaco dispone il T.S.O. in condizioni di degenza ospedaliera, dovrà essere notificato, insieme agli originali dei due certificati medici (proposta di TSO e convalida da parte di un medico diverso dal primo), al giudice tutelare competente per territorio. Questi dovrebbe assumere le informazioni circostanziate sul caso e disporre gli eventuali ulteriori accertamenti, se lo ritenga necessitati. In concreto, tale assunzione di informazioni e accertamenti, il più delle volte, si traduce nella verifica dei documenti prodotti.
Il controllo chiamato a svolgere dal giudice tutelare ha una funzione di ulteriore garanzia dei diritti della persona del malato. Tale attività è inquadrabile nella c.d. giurisdizione volontaria, dove l’intervento del giudice è a perfezionare un procedimento di carattere amministrativo. Per tali motivi, la convalida dell’ordinanza di T.S.O. in condizioni di degenza ospedaliera deve essere sempre richiesta. L’omissione della comunicazione al giudice tutelare (Art. 35 comma 7 legge n. 833/1978) determina la cessazione di ogni effetto del provvedimento, e configura, a meno che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.).
Entro le successive quarantotto ore il giudice dovrà decidere, con decreto motivato, se apporre o meno la necessaria convalida. La convalida pertanto viene emessa quando il provvedimento sia stato portato ad esecuzione.
Sempre entro i termini sopra indicati, chiunque sia titolare di un interesse può proporre al giudice tutelare delle istanze difensive sulla legittimità del provvedimento. Della decisione adottata il giudice deve dare comunicazione al sindaco firmatario dell’ordinanza. In caso di mancata convalida, il medesimo sindaco dovrà provvedere all’immediata revoca del provvedimento notificandola alla struttura ospedaliera interessata.
Il ricorso contro il provvedimento del giudice tutelare
In materia, sono previste due tipologie di ricorso:
- il ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare, proponibile da chi sia stato sottoposto al T.S.O. e da chiunque altro vi abbia interesse;
- il ricorso avverso la mancata convalida del provvedimento che dispone il T.S.O., proponibile dal Sindaco che ha emesso l’ordinanza, entro trenta giorni dalla data di notifica della mancata convalida.
Il ricorso deve essere presentato al Tribunale competente per territorio, in seguito al quale si instaurerà un vero e proprio processo dove le parti potranno anche stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore e potranno farsi rappresentare da una persona munita di mandato, scritto in calce al ricorso o in atto separato. Al procedimento partecipa anche il pubblico ministero, il quale deve essere sentito dal Presidente del Tribunale prima di adottare qualsiasi provvedimento. Il presidente del Tribunale, dietro richiesta del ricorrente, potrebbe sospendere il T.S.O. ed entro i successivi dieci giorni fissare l’udienza di comparizione delle parti per decidere sul ricorso.
Se la convalida viene negata, il provvedimento deve essere immediatamente revocato.
Alla notifica della mancata convalida dovrà seguire una azione concreta “Ordinanza di Revoca” del TSO affinché il trattamento sia interrotto; oppure, qualora sia previsto, riproporre l’ordinanza sanata dei vizi rilevati dal giudice tutelare.
In definitiva, l’estrema ratio del provvedimento coercitivo di trattamento sanitario deve essere valutato dal Giudice, motivo per il quale le motivazioni alla base della richiesta da parte dei medici e del dispositivo che ne dispone il ricovero ospedaliero, deve essere il piò possibile circostanziato. Invero si assiste alla produzione di certificazioni la cui motivazione è spesso ciclostilata e di conseguenza, di pari passo, viene riprodotta nell’ordinanza esecutiva del trattamento. Poichè le motivazioni sono la base necessaria dell’esecuzione coattiva, esse devono essere sempre riferite allo stato di salute del paziente, per il quale è richiesto il trattamento.