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Il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. e la guerra.

In un sito che si occupa di sicurezza, anche in connessione a temi di attualità, non potevamo tralasciare una questione che nelle ultime settimane sta occupando la gran parte dello spazio d’informazione di tutte le testate dei media mondiali e suscita anche in noi stessi delle preoccupazioni: la guerra.

Di fronte ad una guerra e ad altre situazioni critiche di rilievo internazionale spesso si sente invocare l’intervento dell’O.N.U. (Organizzazione delle Nazioni Unite), come se quest’organizzazione fosse una specie di Super Stato mondiale, dotato di potestà d’imperio sugli altri Stati; in realtà, così non è, in quanto si tratta solo di un’ organizzazione internazionale, sebbene ad ampia partecipazione degli Stati del mondo.

Purtuttavia, l’O.N.U. ha una stretta connessione con la guerra: per le ragioni e l’occasione nella quale è stata istituita e, soprattutto, per le competenze e le funzioni di un suo organo, il Consiglio di Sicurezza (d’ora in avanti lo designeremo con CdS), oggetto di quest’articolo.

Le Potenze alleate della Seconda Guerra Mondiale (U.S.A., U.R.S.S., Gran Bretagna e Cina) elaborarono fin dall’autunno del 1944 i piani per dare vita ad un’organizzazione che sostituisse l’azione individuale di autodifesa o di intervento di uno Stato, in caso di attacco armato, con l’azione collettiva di un ente organizzato, al fine di scoraggiare le aggressioni manu militari (era ben presente il ricordo dell’aggressione tedesca alla Polonia che nel 1939 aveva originato il conflitto allora in corso).

Lo statuto della nuova organizzazione, denominato Carta, venne elaborato a S. Francisco, in California, nel giugno del 1945. Tra gli organi del nuovo ente, il CdS è l’organo che ha l’esclusivo compito del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale ed è quello che svolge un ruolo centrale nell’azione collettiva contro un attacco armato. Esso è composto di quindici Stati membri: dieci vengono eletti ogni due anni dall’Assemblea Generale e non sono rieleggibili; cinque sono permanenti e sono gli Stati vincitori della Seconda Guerra Mondiale, ossia quelli fondatori dell’organizzazione, elencati sopra, cui è stata aggiunta la Francia.

Il ruolo più importante attribuito ai cinque membri permanenti è evidenziato particolarmente dal sistema di votazione all’interno del CdS, regolato dall’art. 27 della Carta O.N.U., che attribuisce il famoso “diritto di veto” (conosciuto anche come “formula di Yalta”) a ciascuno dei cinque membri permanenti: vale a dire che i cinque “grandi”, vincitori del secondo conflitto mondiale, che si erano dati il nome di Nazioni Unite contro le Potenze del Patto Tripartito, devono essere tutti concordi sul contenuto di una delibera, affinchè questa sia valida, altrimenti il veto di uno di loro paralizza l’attività del CdS di fronte ad un caso concreto. L’art. 27, comma 3, in sintesi, subordina l’attività del Consiglio ad un’intesa perfetta fra i membri permanenti, perchè solo in tal modo si può garantire l’ordine nella comunità internazionale.

L’attività di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, che la Carta O.N.U. demanda principalmente al CdS, trova la sua disciplina nei capitoli VI e VII della Carta. In particolare, il cap. VI disciplina la funzione conciliativa e il cap. VII l’azione a tutela della pace, anche con misure che implichino l’uso della forza militare, ove la pace fosse minacciata o violata. Tali azioni possono essere intraprese dallo stesso Consiglio oppure dagli Stati membri dell’O.N.U., ma dietro obbligo stabilito dal CdS.

Chi può attivare il Consiglio di Sicurezza? L’Assemblea Generale, il Segretario e qualsiasi Stato che decida di sottoporre all’organo una controversia o una situazione che possa portare ad una frizione internazionale. Ma il Consiglio può anche condurre indagini in via autonoma, per verificare se una situazione possa mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale.

Chi può attivare il Consiglio di Sicurezza? L’Assemblea Generale, il Segretario e qualsiasi Stato che decida di sottoporre all’organo una controversia o una situazione che possa portare ad una frizione internazionale. Ma il Consiglio può anche condurre indagini in via autonoma, per verificare se una situazione possa mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale.

In pratica, che cosa accade quando due o più Stati si trovano in una situazione di controversia, ossia abbiano delle divergenze basate su pretese contrapposte, tali da mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionale?

Innanzi tutto, ricordiamo che la Carta obbliga gli Stati aderenti a cercare una soluzione con mezzi pacifici (art. 33, par. 1).

Lo stesso art. 33, par. 2, concede la facoltà al CdS di INVITARE le parti a cercare una soluzione con mezzi pacifici, senza indicare nello specifico il mezzo che esso ritiene appropriato alla questione ( possibilità – quest’ultima- prevista dall’art. 36) e senza entrare nel merito della controversia, vale a dire stabilire chi ha torto o ragione.

Tale funzione conciliativa del Consiglio può avere ad oggetto qualsisai divergenza intercorrente tra due o più Stati.

Ma il capitolo più importante sull’attività del CdS è il settimo. Le competenze esercitabili in base al cap. VII presuppongono l’esistenza di una minaccia o di una violazione della pace o di un atto di aggressione da parte di uno o più Stati nei confronti di un loro omologo. Il diritto internazionale, come sancito nell’art. 2, par. 4, della Carta O.N.U., vieta l’uso della forza nelle relazioni tra Stati, tranne che nel caso enunciato dall’art. 51, che riconosce agli Stati oggetto di attacco armato, il diritto alla legittima difesa: in tal caso, l’uso della forza è ammesso, fino all’intervento eventuale dell’O.N.U., e non sanzionabile.

Pertanto, di fronte ad una situazione di pericolo per la pace e la sicurezza internazionale, il CdS può, innanzi tutto, adottare delle misure provvisorie, per non far aggravare ulteriormente la situazione. Tali misure sono oggetto di raccomandazioni, quindi non vincolanti per gli Stati destinatari. Le elenchiamo a titolo esemplificativo: il cessate il fuoco, la liberazione di prigionieri politici nelle guerre civili, l’invito a non appoggiare le parti in lotta nè a fornire loro armi e materiale bellico et cetera.

Oltre alle misure provvisorie (che non sono una necessaria premessa a quelle contenute negli artt. 41 e 42 della Carta) vi sono anche le misure sanzionatorie. Quelle previste dall’art. 41 non implicano l’uso della forza e sono obbligatoriamente adottabili da tutti gli Stati membri dell’O.N.U., dietro decisione del CdS: rottura delle relazioni diplomatiche, interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni aeree, marittime, terrestri ed altro.

Gli artt. 42 e seguenti disciplinano l’uso della forza da parte del CdS nei confronti di uno Stato colpevole di aggressione militare, minaccia o violazione della pace.

In tal caso, l’Organizzazione agisce direttamente (non ordina o raccomanda qualcosa agli Stati) mediante una delibera operativa. L’azione diretta consiste nel comandare dei contingenti armati nazionali, togliendo quindi qualsiasi iniziativa di carattere militare al singolo Stato, che non sia giustificata dalla legittima difesa. Gli artt. 41 e 42 sono le innovazioni più importanti recepite a San Francisco rispetto al Patto della Società delle Nazioni.

Finora il CdS è intervenuto o autorizzando gli Stati membri ad usare la forza, sia singolarmente sia nell’ambito di organizzazioni regionali (N.A.T.O., per esempio) o attraverso forze di polizia (i caschi blu) incaricate delle cosiddette peace-keeping operations, con compiti assai limitati.

Il grosso nodo dell’azione del CdS (che è, però, anche la garanzia del miglior accordo) resta il diritto di veto, in combinato disposto con la mancanza di obbligo di astensione del membro parte di una controversia, nell’ambito del cap. VII della Carta.

L’art. 27, par. 3, infatti, stabilisce che uno Stato membro del CdS che sia parte in una controversia, debba astenersi dal votare nelle decisioni previste dal cap. VI e dal par. 3 dell’art. 52 della Carta. Ma sul cap. VII, l’art. 27 tace.

Ne deriva che, in caso di controversie fra membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, l’organo è nell’impossibilità di agire, perchè lo Stato interessato opporrà inevitabilmente il veto. Che fare, in tal caso?

Restano i mezzi diplomatici delle soluzioni delle controversie internazionali: i negoziati, i buoni uffici, la mediazione ed altri; tutti termini che sentiamo ogni giorno sui media e che ci auguriamo non restino solo parole.

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