Destinato a far giustamente riflettere sul dovere di collaborazione e lealtà nei confronti dell’Ente di appartenenza e parimenti di tutti i suoi dipendenti.
È bene sapere che il litigio tra colleghi di lavoro, specie quando avvenuto sulla base di futili motivi e che sfoci in una aggressione fisica, può portare al licenziamento.
Il caso
Alquanto singolare è il caso relativo ad un poliziotto che, nella circostanza, rifiutava di ricevere un atto notificato da un suo stesso collega, appartenente quindi alla medesima Pubblica Amministrazione.
In particolare, un agente di polizia aveva tentato di notificare al suo collega una sanzione della decurtazione di una somma dallo stipendio, per essersi sottratto alla ricezione di un atto di trasferimento.
Come se non bastasse, oltre che a sottrarsi alla notifica, procedeva, successivamente, anche a sporgere querela nei confronti del collega notificatore. Questo procedimento penale, però, veniva archiviato.
Il poliziotto, oggetto del trasferimento, poiché riteneva di essere stato immotivatamente punito con una sanzione irragionevole e non proporzionata, ricorreva al TAR per farla annullare. A seguito del rigetto del ricorso, si rivolgeva successivamente, al Consiglio di Stato.
Il giudice di secondo grado, Sez. III, con sentenza del 18 marzo 2019 respingeva l’appello, non perdendo l’occasione per rimarcare alcuni aspetti del comportamento tenuto dal poliziotto.
Ed è questo il punto oggetto di questo articolo.
Il Consiglio di Stato evidenziava il fatto che la fattispecie, contestata dall’Amministrazione al poliziotto, era caratterizzata da un duplice comportamento: un atteggiamento palesemente non collaborativo al momento del tentativo di notifica, e l’aver promosso, successivamente, un’azione penale proprio nei confronti dello stesso collega.
Tutto questo “al fine di compiere un’attività volontaria di pressione psicologica sul collega, con una evidente connotazione di disconoscimento della legittimità dell’operato dell’Istituto di appartenenza e dei suoi dipendenti.”
Il Consiglio di Stato ha osservato che sia il “rifiuto” di ricevere una notifica (ed, a maggior ragione, un possibile atteggiamento non del tutto collaborativo in tale frangente), sia la proposizione di una successiva querela, pur rimanendo un diritto di tutti,
“ma in considerazione dell’appartenenza ad una Istituzione che sia preposta a delicati e rischiosi compiti di tutela della sicurezza dei cittadini (e per questo munita di penetranti poteri d’ingerenza sulla loro vita anche mediante il servizio armato), implica necessariamente un completo rispetto delle regole interne di funzionamento ed una totale lealtà e collaborazione fra tutti i suoi appartenenti.”