L’azione coercitiva, operata dal poliziotto della locale, era finalizzata alla rimozione dell’auto in sosta, di cui l’avventore era responsabile per averla lasciata in divieto di sosta.
La Corte di Cassazione veniva interpellata a pronunciarsi in relazione alla Sentenza della Corte d’Appello di Lecce, la quale aveva confermato la pronuncia di condanna in primo grado del 27 novembre 2017 del Tribunale di Brindisi, riconoscendo l’agente di polizia locale colpevole di abuso di potere e violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione di agente della polizia municipale, in relazione ai reati di cui agli artt. 610 e 61 n. 9 (capo a), 479 (capo c) e 368 (capo d) del codice penale.
I fatti
L’episodio risale al 3 maggio 2011. Il poliziotto municipale era entrato in un bar per intimare ad un conducente di spostare la propria autovettura, parcheggiata in divieto di sosta.
Alle proteste dello stesso, lo aveva afferrato per il bavero della giacca e per la spalla, trascinandolo di forza fuori dal locale. Così facendo, lo costringeva ad abbandonare il bar contro la sua volontà.
Successivamente, una volta in ufficio, il poliziotto redigeva una falsa informativa di reato, attestando di essere dovuto intervenire perché il tizio avventore del locale in cui era intervenuto, aveva bloccato il traffico, avendo parcheggiato il suo autoveicolo in divieto di sosta. Inoltre, il tizio gli aveva lanciato contro un porta documenti cagionandogli lesioni personali. Quindi, lo aveva denunciato come autore delle lesioni, pur sapendolo innocente.
Sentenza

Una doppia conforme che non può che stabilire a priori quella che è stata appunto la decisione della Suprema Corte, la quale non ha potuto che dichiarare inammissibile il ricorso e condannare il ricorrente a pagare un’ammenda di tremila euro.
Corte di Cassazione-Sezione VI Penale – sentenza n. 18906 del 13 maggio 2021