Un’indagine rivela che oltre 1 italiano sui 2 che assiste a un incidente si dilegua: nel 3,2% dei casi testimoniare crea solo problemi.
In caso di incidente stradale il più delle volte è la testimonianza di chi ha assistito al fatto a chiarire una dinamica poco precisa. Il problema però è che in Italia oltre la metà dei testimoni si defila, ufficialmente non per omertà, ma per varie ragioni. A dirlo è un’indagine italiana sulla propensione degli italiani a dare la propria testimonianza dopo aver assistito a un incidente stradale.
PERCHÈ MOLTI NON TESTIMONIANO
Secondo un recente sondaggio, l’equivalente di 24 milioni di italiani si rifiutano di collaborare con le autorità quando assistono a un incidente. Si tratta del 55,7% che, dopo aver assistito a un sinistro, fanno il possibile per sottrarsi dall’onere morale (e legale) di dire la verità. Guardando però il report del sondaggio nel dettaglio, i numeri cambiano quando si tratta di feriti o pedoni. Secondo l’analisi, il 42% degli intervistati ha evitato di testimoniare perché riteneva inutile o non necessario lasciare i propri riferimenti. Più di 1 su cinque afferma che nessuno glielo ha chiesto. Molti altri invece, perché c’erano già altri testimoni (13,1%) o perché erano già intervenute le autorità (6%). C’è poi chi dice di non aver visto abbastanza (10,7%), di non potersi fermare (5,5%) o di non voler correre rischi o avere fastidi dopo (3,2%).
I TESTIMONI DEI PEDONI NON SI FANNO INDIETRO
Tra quelli che invece hanno risposto positivamente alla disponibilità di testimoniare dopo un incidente, in testa alle motivazioni c’è il senso civico (36,3%). Il 7% lo fa, invece, perché gli è stato esplicitamente richiesto, mentre solo l’1% degli intervistati è convinto che sia un obbligo del codice della strada.
Se nell’incidente ci sono solo danni alle auto, il 63,7% dichiara di allontanarsi senza lasciare i dati. Se invece sono rimaste coinvolte anche delle persone, il 39,9% se ne va senza dare il proprio contributo alla ricostruzione della dinamica.
Per fortuna, la tendenza a farsi i fatti propri diminuisce quando vengono coinvolti in incidenti pedoni o ciclisti: il 67,4% dei rispondenti all’indagine ha dichiarato di essersi fermato per dare una mano. Diversamente, di fronte ad un incidente con uno scooter, una bici o una moto scende al 50% il popolo di testimoni che restano là e danno i propri riferimenti.
GLI ANZIANI E LE DONNE TESTIMONIANO MENO
Dall’indagine è emerso che gli uomini sono la componente maggiormente coinvolta nelle testimonianze: il 58% delle donne se ne è andato senza dare i propri dati, contro il 53,3% del campione maschile. Tra i 60 e i 74 anni rientrano gli italiani che collaborano meno spesso con le autorità: il 39,2% degli intervistati lascia i propri contatti.
Nell’indagine è emerso anche un dato importante, sebbene derivante da dichiarazioni degli intervistati. Il 62,5% dei testimoni disponibili a raccontare l’accaduto non sarebbe poi mai stato contattato dalle autorità o da chi era coinvolto nell’incidente.
La testimonianza costituisce un dovere, a cui la persona non può e non deve sottrarsi, perché intacca la giustizia stessa e la possibilità che i fatti vengano ricostruiti nella misura più prossima all’occorso.
DAL DOVERE MORALE A QUELLO GIURIDICO
Il testimone, una volta citato, ha l’obbligo di presentarsi, di attenersi alle prescrizioni date dal giudice in relazione alle esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte.

Nel caso in cui, per il giorno dell’udienza in cui si è citati, sopravviene un inconveniente che rende impossibile la presenza, il testimone dovrà comunicarlo tempestivamente, segnalando le ragioni dell’impedimento. In tal caso, se il giudice riterrà fondato l’impedimento, verrà disposta una nuova citazione per una successiva udienza.
L’art. 366 c.p. punisce il testimone che ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio.
Nel caso in cui il testimone regolarmente citato non compaia, senza addurre un legittimo impedimento, potrà esserne disposto l’accompagnamento coattivo e potrà altresì essere condannato al pagamento di una somma da € 51 a € 516 a favore della cassa delle ammende, nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa, ai sensi dell’art. 133 c.p.p..
Il testimone ha l’obbligo di rispondere secondo verità alle domande che gli sono poste.
L’at. 372 c.p. punisce il testimone che si rifiuta di rispondere, che afferma il falso ovvero tace ciò che sa.