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Disturbo della quiete pubblica: illecito penale ed illecito civile

Il caso di specie: il latrato notturno dei cani

Chi non ha mai subito la pressione di rumori molesti durante il riposo notturno? Purtroppo non è insito nell’animale ad essere un disturbatore seriale ma, molto spesso, sono i loro proprietari ad essere superficiali nella loro cura. Un animale, l’unico modo che ha per comunicare il proprio disagio è appunto con un suono. E così che i cani, molto spesso lasciati fuori all’esterno, alla mercé delle fonti che li destabilizzano: auto in transito, pedoni sconosciuti, altri animali, che diventano aggressivi. Ma vi sono anche situazioni come quelle oggetto dell’esame della Suprema Corte di Cassazione, che vedono la situazione di una donna che ospitava in casa ventidue cani.

Il reato

È sufficiente che i cani arrechino disturbo ad un numero indeterminato di persone per potersi configurare un reato di “Disturbo alla quiete pubblica“:

“in tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, .. per l’integrazione del reato previsto dall’art. 659 cod. pen. è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone, non occorrendo l’effettivo disturbo alle stesse“.  

Sono questi i principi ribaditi dalla Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione in virtù dei quali, con una sentenza del 5 marzo 2019, é stata confermata la condanna del proprietario di un cane per il reato di disturbo della quiete pubblica previsto e punito dall’art. 659 del Codice Penale. Il fatto penale ascrittogli, e che ha visto la conferma in Cassazione, ha ad oggetto il comportamento di non aver impedito i latrati dei ventidue cani detenuti regolarmente nella propria abitazione arrecava disturbo ai vicini:

l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori (quali le dichiarazioni testimoniali di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti) in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete”.

Da ciò si evince come la Suprema Corte abbia ritenuto corretta la sentenza di condanna dei due gradi di giudizio in quanto, tali pronunce, erano fondate sulle convergenti dichiarazioni rese dai testimoni escussi, i quali descrivendo un contesto abitativo urbano costituito da numerose abitazioni, rappresentavano che i latrati dei cani erano incessanti (a tutte le ore del giorno e della notte) e la cui molestia dipendeva proprio dal fatto di essere continui. Di qui la provata esistenza dei rumori molesti idonei ad arrecare oggettivo disturbo alla pubblica quiete, superando i limiti della normale tollerabilità.

Illecito Penale e Illecito Civile

L’articolo 659 C.P. prevede due distinte ipotesi di reato:

una, contemplata dal primo comma, che punisce il disturbo della pubblica quiete da chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepitii di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, ritrovi o i trattenimenti pubblici;

l’altra è disciplinata dal secondo comma, che punisce chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità.


Affinché possa ritenersi configurata la fattispecie contravvenzionale prevista dal primo comma, si deve accertare che:

  1. il soggetto abbia prodotto schiamazzi, grida o rumori prodotti anche attraverso alterchi, diverbi, fischi e ululati, oppure, abbia adoperato strumenti sonori, anche diversi dai normali strumenti musicali, come casseruole, coperchi di pentole, ecc.. Altresì vi ricade la situazione sopra descritta, in quanto, abbia suscitato, o avendone l’obbligo giuridico o la possibilità pratica, non impedito strepiti di animali (rumore prodotto dagli animali con gli organi vocali – nitriti, latrati, guaiti – o, con il loro movimento – calpestio, corse, campanelli legati alla coda, ecc.);
  2. per effetto dell’azione o dell’omissione suddetta (vedi articoli 40 e 41 c.p.) sia stato reso impossibile o notevolmente ostacolato il normale svolgimento delle occupazioni o del riposo di un numero considerevole e indeterminato di persone ovvero di uno spettacolo, ritrovo o intrattenimento pubblico;
  3. il soggetto, al momento della condotta, si sia reso conto (dolo) o avrebbe potuto rendersi conto (colpa) di arrecare disturbo.

Relativamente alla fattispecie prevista dal secondo comma, occorre accertare che:

  1. il soggetto eserciti una professione o un mestiere rumoroso – cioè che non si può esercitare senza produrre rumori, (come, ad esempio, una scuola di canto, di ballo, ecc.);
  2. il soggetto non si sia attenuto, nell’esercizio del mestiere o della professione, alle norme di legge o alle prescrizioni dell’Autorità. Se mancano tali norme o prescrizioni l’ipotesi in parola non può verificarsi, a sostenuto la Cassazione, ma qualora il soggetto unisca ai rumori necessari altri rumori non necessari troverà applicazione il primo comma di questo articolo.

E’ sulla base dell’analisi di questi elementi, ed altri di tale genere che sarà compito del giudice del merito di volta in volta enucleare attraverso l’esame del caso di specie, verificare nel concreto, l’attitudine, ancorchè solo potenzialedella fonte sonora ad arrecare, oltre il limite della normale tollerabilità, la lesione della quiete e del riposo di un numero indeterminato di persone, rimanendo, invece, eventualmente confinata nel diverso ambito dell’illecito civile, l’ipotesi in cui la lesione dei predetti beni concerna una ridotta ed numericamente ben individuata categoria di soggetti.

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