Dopo quasi un decennio di scarsa incidenza normativa, con il Decreto Legge 14/2017, recante “Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città”, il legislatore ha infatti inteso potenziare il ruolo della polizia locale e degli amministratori nella lotta al degrado delle aree urbane. Per una puntuale definizione settoriale, si fa richiamo all’art. 4 comma 1 del decreto in questione, il quale definisce per Sicurezza Urbana
“il bene pubblico che afferisce alla vivibilità e al decoro delle città, da perseguire anche attraverso interventi di riqualificazione e recupero delle aree o dei siti più degradati, l’eliminazione dei fattori di marginalità e di esclusione sociale, la prevenzione della criminalità (…) la promozione del rispetto della legalità e l’affermazione di più elevati livelli di coesione sociale e convivenza civile”.
Concetti ampi e piuttosto diffusi, che potenzialmente interessano ogni aspetto che attiene alla vivibilità dei centri urbani, attraverso tanto il contrasto agli episodi criminosi e/o illegali, ma anche tesi ad una maggiore cultura della riqualificazione e di valorizzazione delle buone pratiche di convivenza civile. Le stesse istituzioni dunque, non prendendo in considerazione le sole forze di polizia, sono chiamate ad un maggiore sforzo per poter incidere positivamente sulla qualità della vita di un territorio. Tanto per chiarire, i Comuni, le Regioni, gli istituti scolastici e i presidi medici, nondimeno i servizi sociali e le associazioni del terzo settore, sono chiamati, ciascuno per il proprio ambito di riferimento, a fornire il loro contributo per ridurre e contrastare gli episodi di marginalità e di esclusione sociale che potrebbero minare alle fondamenta di una pacifica convivenza urbana.
In questo insieme di compartecipazione di diversi attori pubblici, si inserisce il concetto di sicurezza integrata, ovvero tutti gli interventi assicurati dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali per concorrere, nel rispetto delle diverse competenze, alla promozione di un sistema di sicurezza. Per la prima volta infatti, per contrastare un’emergenza crescente di sicurezza rappresentata dalla comunità, viene individuata una strategia convergente dalle diverse forze di polizia, le quali si troverebbero a gestire in modo uniforme le informazioni, le pratiche operative e condividere la gestione degli strumenti tecnologici di contrasto alla criminalità. (Manzelli, Sivieri)
D’altronde, le politiche di sicurezza integrata devono essere strutturate in modo da raggiungere un miglioramento della qualità della vita delle aree urbane e delle periferie, ed al tempo stesso favorire l’inclusione sociale e la riqualificazione, sotto gli aspetti sociali, culturali ed economici, delle aree interessate. Giusto a titolo d’esempio, i casi di cronaca che evidenziano la scarsa vivibilità di diverse periferie, in ogni angolo d’Italia, dove si moltiplicano gli episodi di degrado e di incuria, e dei più svariati fattori riconducibili alla criminalità, organizzata e non, richiamano un’attenzione sempre maggiore ed una necessità di intervento del settore pubblico chiamato ad adottare le giuste contromisure.
Il concetto di sicurezza integrata viene dunque inteso proprio in una doverosa collaborazione, non solo dalle differenti forze di polizia, ma anche tra i vari livelli di governo del territorio, in modo tale da migliorare sempre più il decoro delle città.
Lo sforzo deve essere inteso a livello istituzionale tra tutti gli attori pubblici presenti sul territorio. Attraverso opportuni accordi per la promozione della sicurezza integrata, le varie forze di polizia nonché i Sindaci, interessati anch’essi da una maggiore considerazione legislativa, sono chiamati ad individuare delle iniziative per contrastare gli episodi di illegalità diffusa.
Un necessario coordinamento degli sforzi che riesca a garantire le giuste competenze nei controlli e negli accertamenti, ed al tempo stesso, possa fornire le risposte al bisogno della comunità in termini di sicurezza. A tal fine una collaborazione inter istituzionale, come appunto fa riferimento il decreto n. 14 del 2017, si è posto quale baluardo di garanzia e legalità per addivenire ad una soluzione soddisfacente dal punto di vista dell’efficienza e dell’economicità, la quale ricordiamo, essere comunque approvata in un’ottica di razionalizzazione delle finanze pubbliche.
Le amministrazioni pubbliche, come testimoniato dalle linee guida dell’Anci[1], hanno salutato con moderata soddisfazione questo intervento legislativo proprio per tutte le novità introdotte che vanno a beneficio tanto delle realtà locali – o sarebbe meglio, in questo caso, utilizzare il termine territoriali – quanto delle comunità. Quest’ultime infatti, iniziano a rendersi conto che ad operare sul territorio vi sono una diversità di soggetti, tutti deputati ad un controllo che sia più efficace e soprattutto chiamati ad una dovuta collaborazione ed interconnessione di interventi da attuare in stretta sinergia. L’obiettivo principe, dunque, attraverso degli accordi specifici di collaborazione, resa sempre il contrasto alla criminalità diffusa ed il consolidamento delle situazioni di pacifica convivenza nei centri urbani.
A livello gerarchico, il decreto analizzato non ha modificato quelli che sono gli assetti generali ed assodati già da tempo. Restano intatte le competenze basilari e fondamentali di Prefetture e Questure, così come i concetti di ordine e sicurezza pubblica restano ad esclusivo appannaggio delle forze statali, pur aprendo a degli scenari di partecipazione delle polizie locali. Una prima breccia legislativa che apre appunto, ad un nuovo spazio di competenze e di possibili modifiche legislative che investano sempre più le vecchie guardie municipali a cimentarsi in questa grande battaglia in favore della pubblica incolumità.
La presenza ed il ruolo degli amministratori locali però, viene prevista anche all’interno delle riunioni dei Comitati provinciali per ordine e sicurezza pubblica, dove appunto, le informazioni e le risorse strumentali dei comuni possono spesso apportare delle sensibili migliorie per poter gestire in modo sempre più adeguato e professionale le questioni relative alla pubblica sicurezza.

Il Ruolo della Polizia Locale
Per ciò che concerne il ruolo della Polizia Locale, viene rafforzato il concetto di collaborazione con le altre forze di polizia per quanto riguarda lo scambio di informazioni e procedure amministrative; l’interconnessione tra le sale funzionali delle diverse centrali operative nonché la regolamentazione dell’uso in comune di sistemi di sicurezza tecnologica per il controllo delle aree e attività a rischio; ultimo, ma non in ordine di importanza, l’aggiornamento professionale integrato per gli operatori, ad evidenziare quanto sia importante la formazione soprattutto per gli operatori impegnati in quei settori oggetti di costanti evoluzioni normative e strumentali.[2]
Una collaborazione che viene ulteriormente arricchita dai patti per la sicurezza urbana, con accordo raggiunto in sede di Conferenza Stato – città e autonomie locali, il Prefetto ed il Sindaco, possono sottoscrivere degli accordi finalizzati alla prevenzione e contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria, favorendo l’impiego delle diverse forze di polizia per far fronte ad esigenze straordinarie di controllo del territorio e la promozione del rispetto del decoro urbano in determinate aree (che possono essere parchi, luoghi di cultura o comunque interessati da consistenti flussi turistici, o adibite a verde pubblico) da sottoporre a particolare tutela.
In questo modo si vogliono eliminare progressivamente le aree di degrado e contrastare gli episodi di illegalità, attraverso anche delle azioni mirate e programmate ad hoc, in determinati spazi più soggetti a queste degenerazioni. Con questi patti si possono dar vita quindi, anche prevedendo dei fondi specifici, a dei presidi di legalità, coordinando appunto i vari soggetti, per intensificare i controlli e rendere la presenza delle forze di polizia più omogenea e meglio organizzata soprattutto laddove è più avvertita l’esigenza di garantire il diritto alla sicurezza.
Questi patti per la sicurezza dovranno avere sempre l’approvazione da parte dei sindaci e delle prefettura, prima di dare luogo a qualsiasi tipo di iniziativa ed in ogni caso, dovranno essere approvati dal comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza e consecutivamente validati dal Viminale (Sivieri). Un iter certamente un po’ lungo, ma che richiede comunque il costante bilanciamento tra diversi diritti, del sempre vivo rapporto tra sicurezza e privacy, e come tale deve essere attentamente analizzato.
Proprio il concetto di privacy unito al trattamento dei dati personali costituiscono un tema molto delicato, che deve necessariamente essere meglio dibattuto poiché la riservatezza dei cittadini è un aspetto di altissimo profilo e che comporta appunto una discussione ampia e certamente degna di ulteriori approfondimenti.
Fin qui abbiamo visto le varie disposizioni e provvedimenti legislativi utili a regolamentare ogni progetto di videosorveglianza coniugato con i principi, moderni, di sicurezza urbana e sicurezza integrata. Certamente, anche gli strumenti vanno affinandosi sempre più, perché cresce continuamente l’esigenza di garantire alla collettività delle adeguate misure di sicurezza, che possano contrastare – talvolta anche sul nascere – quelle attività illegali che rappresentano un turbamento della convivenza civile.
Vi è la necessità di organizzare delle azioni sinergiche, prevedendo delle strumentazioni tecnologiche che consentissero la più ampia fruibilità dei contenuti tra le diverse realtà istituzionali, le quali ne potessero fare un uso efficace e funzionale allo scopo di garantire una maggiore sicurezza. Gli stessi sistemi già operativi, magari in vigore dapprima delle recenti innovazioni normative in materia, hanno dovuto apportare le dovute modifiche per adeguarsi alle disposizioni intervenute.
Adempiere alle norme però, potrebbe non essere necessario, in mancanza di quella lungimiranza fondamentale per guardare al futuro e dotarsi dei migliori mezzi per poter svolgere un ottimo servizio pubblico. Il primo passo da compiere dunque, per predisporre una giusta precauzione, prendendo ad esempio un Ente Comune, è quella di dotarsi (o aggiornare) un Regolamento Comunale di videosorveglianza in modo da normare gli impianti attivati o da attivare sul territorio. Questo regolamento, che deve anzitutto definire le modalità di utilizzo, configurarne gli adempimenti e le dovute garanzie per un corretto trattamento dei dati, può prevedere i diversi sistemi di monitoraggio e soprattutto deve essere finalizzato a prevenire e reprimere ogni episodio illegale ascrivibile alla circoscrizione territoriale, evitare quei fenomeni di degrado e controllare in generale, quelle zone più soggette a violazioni e abusi.
Tra le premesse ed i principi generali, vanno riportati in buona sostanza tutte le forme di tutela a sostegno degli interessati, ed altresì richiamati i principi di liceità, necessità e proporzionalità, ai quali, ovviamente, tutte le attività vanno commisurate. Occorre individuare il “designato” al trattamento dei dati rilevati con gli apparecchi di videosorveglianza, (nella fattispecie, il Comandante della Polizia Locale), il quale potrebbe comunque delegare in forma scritta le proprie funzioni, fermo restando la sua vigilanza sull’utilizzo dei sistemi e sul trattamento dei dati in conformità alle normative vigenti.
Il Regolamento deve proseguire puntando l’attenzione sull’informativa, che deve appunto fornire l’opportuna pubblicità, mediante idonea cartellonistica, agli interessati che stanno per accedere all’interno di un’area videosorvegliata e soprattutto, si rende opportuno procedere alla pubblicazione dell’informativa anche sul sito istituzionale dell’ente, concernente le modalità e la finalità degli impianti, la modalità di raccolta e conservazione dei dati e le modalità per esercitare il diritto d’accesso dell’interessato.
Le finalità perseguite mediante l’uso dei sistemi di videosorveglianza devono essere ad ogni modo conformi alle funzioni istituzionali attribuite agli enti, tra le quali, vi rientra appieno titolo, la tutela della sicurezza urbana, ovvero quelle attività di prevenzione e repressione dei reati ed ai controlli di polizia amministrativa, e nondimeno utili, al monitoraggio della circolazione stradale, di determinate aree critiche sotto i vari aspetti della sicurezza pubblica, alla tutela del patrimonio pubblico ed alla salvaguardia ambientale.
Il Regolamento deve prevedere inoltre, l’eventuale collaborazione con i privati, stabilendo tutte le strumentazioni particolari per le attività di videosorveglianza, e disciplinando puntualmente le procedure per l’accesso ai filmati. Devono essere infine garantite le misure di sicurezza delle postazioni di controllo, della centrale di registrazione, dove vi può accedere solo il personale autorizzato dal Responsabile del trattamento o gli addetti istituzionalmente individuati all’interno del Corpo, incluso il personale preposto alla manutenzione degli impianti.
Ed infine, particolare fondamentale, bisogna precisare come prescritto dl punto 15 delle Linee guida del Garante europeo, pubblicate definitivamente il 29 gennaio 2020, che i dati personali possono essere trattati mediante la videosorveglianza, ai sensi dell’art. 6, paragrafo 1 lettera e in quanto necessario per” l’espletamento di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri” e che in questo caso quindi non vi è bisogno del consenso espresso degli interessati.
Al termine di questo lavoro, possiamo affermare che aldilà degli strumenti messi in campo per svolgere il proprio lavoro, nella fattispecie gli strumenti di videosorveglianza applicati alla sicurezza urbana, occorre sempre dotarsi di obiettivi che siano concreti e raggiungibili. La comunità non ha bisogno di astrattezze e di risultati solo sulla carta, ma che nei fatti, si dimostrino inconsistenti o privi di significato.
Ecco perché nel momento in cui le amministrazioni decidono di dotarsi di un qualche impianto di videosorveglianza, anzitutto lo deve fare nel pieno rispetto della legge, il che significa anche avere la giusta considerazione tanto degli operatori, chiamati a svolgere un ruolo delicato, quanto dei cittadini che si configurano come diretti interessati.
Questo obiettivo poi deve essere sostenibile nel tempo, ovvero deve essere sempre in grado di rispondere alle criticità che si intendono affrontare, e coerente con le scelte strategiche che vengono predisposte. Per un controllo capillare sul territorio, e che tenga conto delle diverse istanze dei cittadini, andranno attivate le opportune sinergie con le altre realtà istituzionali e non, presenti in loco, e trarre da un impegno collaborativo, le giuste competenze e le risorse – economiche e tecniche – per garantire i dovuti interventi.
Abbiamo visto che anche il legislatore, in ottica di privacy e mediante lo strumento della DPIA, ha dato tanto valore alla fase preventiva in quanto, se strutturata in modo efficiente, il servizio reso sarà all’altezza. Ebbene, il migliore degli auspici che possiamo rivolgere alle forze di polizia – ed in particolare alla polizia locale – è di essere sempre in grado di saper programmare gli interventi e le attività da mettere in campo.
Attraverso una fondamentale capacità di analisi, e di una successiva misurazione dell’impatto, il lavoro svolto sarà certamente di pregevole qualità. La sicurezza urbana è una di quelle misure che non dovrebbe (mai) subire ingenti tagli di risorse, ma che, allo stato delle cose, certamente non vedrà una diminuzione delle attenzioni e delle competenze. La professionalità degli operatori di vigilanza infatti, tende sempre più nella direzione di saper adottare le giuste contromisure per aggredire i diversi fenomeni di illegalità e garantire una pacifica convivenza alla comunità
[1] http://www.anci.it
[2] https://www.diritto.it