All’interno del procedimento penale, l’attività svolta deve essere documentata, affinchè ne resti traccia ai fini di controllarne la regolarità e per le eventuali impugnazioni: lo strumento di documentazione dell’attività processuale penale è il verbale. Mediante il verbale si attesta quello che avviene dinanzi al giudice, al pubblico ministero, agli organi di polizia, ma anche quanto viene dichiarato dinanzi dalle predette autorità. Il contenuto di tale atto è specificato nell’art. 136 c.p.p. (1)
L’attività di polizia giudiziaria (sia d’iniziativa che delegata) che – come sappiamo – è ricompresa nell’attività processuale penale e, pertanto, disciplinata anch’essa dal codice di procedura penale, è documentata attraverso la verbalizzazione di molti atti, di cui gli artt. 350 e 351 c.p.p. individuano quelli, forse, più conosciuti e frequenti nel servizio quotidiano degli appartenenti alle forze dell’ordine: ci riferiamo alle sommarie informazioni, alle dichiarazioni spontanee assunte dall’indagato, dall’imputato in procedimento connesso e dalle persone informate sui fatti, alle quali vanno aggiunti atti, non ricompresi nei due articoli summenzionati, come gli interrogatori, i confronti e tutte le attività delegate dal Pubblico Ministero, incluse le sommarie informazioni quali atti di investigazione diretta del magistrato.
L’art. 134 c.p.p. prevede, per tali attività, due modalità di documentazione:
a) quella riscontrabile nel verbale integrale, redatto con la stenotipia o altri mezzi meccanici o con la scrittura manuale ( sono ammesse anche le modalità elettroniche, Cass. pen. sez. V, n. 8442 del 04/12/2013);
b) quella descritta nel verbale in forma riassuntiva, accompagnato da riproduzione fonografica, proprio perchè tale tipo di atto espone sommariamente quanto dichiarato: non essendoci, infatti, perfetta corrispondenza tra quanto riportato sul verbale e quanto detto dal dichiarante, la riproduzione fonografica è indispensabile per fornire prova delle dichiarazioni.
Il comma 4 dell’art. 134 summenzionato prevede anche la riproduzione audiovisiva, ma solo come extrema ratio , ossia se assolutamente indispensabile.
In un solo caso è consentita anche se non indispensabile: quando la persona offesa vive in una condizione di vulnerabilità tale che il Legislatore ha ritenuto preferibile non farle rivivere un’esperienza traumatizzante più di una volta, come durante una testimonianza processuale, per cui la videoripresa, effettuata durante l’ascolto della vittima del reato una sola volta per tutte, fornisce più elementi possibili per il processo.
Una disciplina speciale è riservata dall’art. 141 bis c.p.p. alla persona in stato di detenzione, il cui interrogatorio, qualora non si svolga in udienza, dev’essere documentato integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva, a pena di inutilizzabilità, in quanto è la registrazione ( e non il contestuale verbale redatto in forma riassuntiva) a provare le dichiarazioni rese dal detenuto.
In realtà, l’utilizzazione della fonoregistrazione, come già accade, è molto utile ed addirittura consigliabile durante la trascrizione delle dichiarazioni del verbalizzato.
Infatti, nella prassi accade, di solito, che la domanda rivolta alla persona escussa non venga trascritta, ma sostituita con l’acronimo A.D.R. ( a domanda risponde), mentre l’art. 136, co. 2, c.p.p. recita: “per ogni dichiarazione è indicato se è stata resa spontaneamente o previa domanda e, in tal caso, è riprodotta anche la domanda”.
In linea di massima, tale omissione potrebbe distorcere l’intellegibilità dell’atto, compromettendone l’utilizzabilità, soprattutto se letto molto tempo dopo e se l’argomento sia poco conosciuto, soggetto a cambiamenti o se la persona sentita usi espressioni linguistiche che si capiscano in relazione ad un determinato contesto o ambito di argomenti.
Quindi, se la domanda fosse riprodotta per intero sul verbale, sicuramente focalizzerebbe meglio il contenuto della risposta. Ad ogni modo, proprio perchè è invalsa la prassi di riportare solo la sigla A.D.R., le registrazioni audio e/o video offrono certamente una migliore possibilità di appurare quanto sicuramente dichiarato dalla persona escussa ed in che senso e con quale intenzione.
Ci si potrebbe domandare, sempre per sensibile attenzione ai temi della cosiddetta privacy, se sia consentita la registrazione e la videoripresa nello svolgimento delle attività di P.G. Tale interrogativo prevede due argomentazioni in risposta: una formale e l’altra inferita da riflessioni su circostanze analoghe.
La risposta formale è affermativa: la registrazione e la videoripresa nelle attività di P.G., come abbiamo sopra visto, è prevista dalla legge, pertanto nulla quaestio.
A rafforzare tale disciplina ricordiamo, altresì, che il nostro ordinamento ammette, nel rapporto fra cittadini privati, la liceità e la validità in giudizio della registrazione di una conversazione cui sia presente la parte che registra, anche se all’insaputa dell’altra. Questo perchè la registrazione effettuata in tale modo non costituisce un’intercettazione (attività che si svolge in assenza dell’intercettatore e per la quale è necessaria l’autorizzazione dell’A.G.) bensì una forma di memorizzazione fonica di un fatto, esattamente come se l’interlocutore che registra prendesse degli appunti su un’agenda. E tale registrazione è utilizzabile nel processo (Cass. pen. sez. VI, sent. n. 1422 del 03/10/2017) perchè fra l’interesse (privato) alla riservatezza e l’interesse pubblico all’accertamento della verità, l’ordinamento giuridico considera prevalente quest’ultimo. (Naturalmente, la registrazione non può essere fatta ascoltare a terzi).
Pertanto, se tale è la tutela della registrazione fra privati compresenti, in cui ciascuno degli interlocutori ha diritto di precostituire la prova delle dichiarazioni da lui enunciate o a lui rivoltegli da altri, a fortiori vale il medesimo principio per gli organi di P.G. nello svolgimento delle attività di cui agli articoli del c.p.p. summenzionati: tale registrazione costituisce un documento utilizzabile in dibattimento, ai sensi dell’art. 234 c.p.p.
(1) Contenuto del verbale.
- Il verbale contiene la menzione del luogo, dell’anno, del mese, del giorno e, quando occorre, dell’ora in cui è cominciato e chiuso, le generalità delle persone intervenute, l’indicazione delle cause, se conosciute, della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire, la descrizione di quanto l’ausiliario ha fatto o ha constatato o di quanto è avvenuto in sua presenza nonché le dichiarazioni ricevute da lui o da altro pubblico ufficiale che egli assiste.
2. Per ogni dichiarazione è indicato se è stata resa spontaneamente o previa domanda e, in tale caso, è riprodotta anche la domanda; se la dichiarazione è stata dettata dal dichiarante, o se questi si è avvalso dell’autorizzazione a consultare note scritte, ne è fatta menzione.