Ha destato scalpore negli ultimi tempi la decisione di un’importante comune turistico della Regione Campania di cedere in gestione il proprio impianto di videosorveglianza ad una società di vigilanza privata. Tale decisione ha comportato numerosi dubbi e perplessità in merito all’opportunità della scelta effettuata e soprattutto della legittimità della stessa.
La decisione di cedere la gestione dell’impianto di videosorveglianza ad azienda privata
Nelle Amministrazioni comunali e nei Comandi di Polizia locale si sta diffondendo la convinzione del fatto che non è sufficiente installare ed implementare sistemi di videosorveglianza su buona parte del territorio comunale se a ciò non corrisponde la presenza di personale dedicato in modo efficace alla gestione ed al controllo di tali impianti. Ecco allora che, tanto nelle realtà più grandi, dove le telecamere sono veramente numerose, quanto in quelle più piccole in cui il personale è insufficiente e oberato di incombenze, alla luce dei noti limiti assunzionali, si sta facendo pian piano avanti l’ipotesi di esternalizzare, in tutto o in parte, la gestione e il controllo degli impianti di videosorveglianza.
Tale condizione è realizzata mediante affidamento alle società di vigilanza privata di tali compiti e il successivo avviso dato alle pattuglie delle forze dell’ordine.
Tale possibilità, sebbene in modo embrionale è anche prevista da qualche atto normativo in materia di privacy, anche se risalente a qualche anno fa. In tal senso va sicuramente fatto riferimento al Provvedimento generale del Garante della Privacy 8 aprile 2010, il quale al punto
4.6 “Sistemi integrati di videosorveglianza”
incentiva il ricorso a sistemi di videosorveglianza integrati tra diversi soggetti, pubblici e privati, nonché l’offerta di servizi centralizzati di videosorveglianza remota da parte di fornitori ( società di vigilanza, internet service providers), proprio in ottemperanza del sempre più attuale principio di economicità delle risorse e dei mezzi impiegati, prevedendo inoltre che le immagini riprese possono essere disponibili, con diverse tecnologie e modalità, alle forze di polizia.
Analogamente il D.L 20 febbraio 2017 n. 14, convertito con modificazioni dalla Legge 48/2017 (Decreto Sicurezza Minniti), prevede all’art. 7 la possibilità per gli enti gestori di edilizia residenziale, gli amministratori di condomini, le imprese, le associazioni di categoria, i consorzi o i comitati costituiti fra imprese, professionisti o residenti di proporre progetti per la messa in opera a loro carico di sistemi di sorveglianza tecnologicamente avanzati, dotati di software di analisi video per il monitoraggio attivo con invio di allarmi automatici a centrali delle forze di polizia, ma anche ad istituti di vigilanza privata convenzionati.
Tornando invece sul concetto di sicurezza integrata, l’evoluzione normativa si è spinta sempre più verso una maggiore collaborazione non solo tra le diverse forze di polizia, ma anche tra quest’ultime e gli organismi privati. Gli istituti di vigilanza infatti, sono stati chiamati in causa per poter condividere i loro sistemi di videosorveglianza e connetterli con le centrali operative tipiche delle amministrazioni pubbliche, conservando sempre le prescrizioni di una corretta indicazione che avverta della presenza di impianti di videosorveglianza e rispettando i principi di pertinenza e non eccedenza, ovvero registrando sempre e solo le immagini strettamente indispensabili.
Incentivi alla videosorveglianza
Il legislatore ha previsto delle idonee misure di detrazioni fiscali sulle imposte comunali che le amministrazioni comunali possono concedere ai privati nel momento in cui quest’ultimi s’impegnino a versare delle quote degli oneri di investimento, manutenzione e gestione di tali impianti di videosorveglianza. Un ulteriore allargamento del concetto di integrazione, tra forze pubbliche ed istituti privati, che possa aumentare il livello di sicurezza e decoro degli spazi urbani.
Non solo realizzazione e corretto funzionamento degli impianti di videosorveglianza pubblica, con annessa manutenzione e politiche volte ad una maggiore efficienza, ma appunto, promuovere accordi in partenariato con le altre realtà presenti sul territorio, di natura privata, che puntino all’adozione di nuovi e maggiori sforzi in termini di impiantistica ed attrezzature che vadano ad aumentare il livello di video controllo.
Una possibile soluzione…
La soluzione più facilmente attuabile ed anche più consona ai dettami sulla normativa della privacy (Reg. UE 679/2016 e D. Lgs 51/2018) appare quella di detenere in proprio e nei locali dell’amministrazione interessata il sistema di gestione della videosorveglianza e i monitor, esternalizzando esclusivamente i compiti di vigilanza sulle immagini. La soluzione più praticabile sarebbe quella di affidare ad istituti di vigilanza il compito di mettere a disposizione del Comando di Polizia locale del personale da loro dipendente per il monitoraggio degli schermi della videosorveglianza.
Di fronte a eventi rilevanti tali operatori potrebbero agire direttamente sulle telecamere, cambiando le inquadrature, zoomando le immagini e dando informazioni alle pattuglie sul territorio passando attraverso il responsabile della centrale operativa che appartiene alla Polizia Locale. In questo caso il titolare dei dati resterebbe il Comune mentre il Comandante della Polizia Locale verrebbe individuato come “designato” alla gestione a cui sarebbero affidati specifici compiti e funzioni, mentre eventuale personale di Polizia Locale in servizio alla centrale operativa oltre ad addetti della società di vigilanza privata, sarebbero accreditati, previa specifica nomina, “autorizzati al trattamento dei dati”.
Le telecamere private connesse alle centrali operative di polizia – Necessità di regolamentazione
Per quanto riguarda la novità delle telecamere di natura privata, connesse e messe in rete con le centrali operative, le difficoltà normative son di non poco conto. Anzitutto l’immancabile Regolamento comunale deve obbligatoriamente prevedere tale possibilità, andando a specificare anche gli opportuni strumenti di indennizzo degli investimenti privati. Deve altresì prevedere uno specifico accordo con gli altri enti istituzionali – Prefettura in primis – che entrino nell’ottica di “istituzionalizzare” questo genere di iniziative e renderle sempre più operative e funzionali all’obiettivo principale da perseguire.
Particolare da non sottovalutare inoltre, il fatto che mettere a disposizione delle forze di polizia le immagini riprese, significa anche intraprendere l’unica possibilità prevista dalla legge di posizionare le telecamere sulle strade e nelle piazze vicino gli edifici privati (siano essi centri commerciali, attività produttive o aree residenziali). In caso contrario infatti, le telecamere di natura privata, non possono riprendere in alcun modo gli spazi pubblici, andando a garantire una minore efficienza e copertura del servizio di video controllo. Infatti il titolare o chi ne esercita le funzioni dovrà designare per iscritto tutte le persone fisiche, autorizzate rispetto al ruolo realmente svolto a eseguire le proprie funzioni che potrebbero essere anche diversificate in differenti mansioni.

Un discorso a parte merita la nomina del personale degli istituti di vigilanza a cui sarebbe opportuno conferire anche la nomina di ausiliari di PG ai sensi dell’art. 348 c. 4 c.p.p. in caso del verificarsi di casi costituenti reato nella visualizzazione delle immagini.
Più complicato da un punto della gestione della privacy sarebbe invece la soluzione che porterebbe all’esternalizzazione completa del servizio direttamente alle centrali delle società di vigilanza privata. In particolare poi se il Comune si dovesse dotare de cosiddetti sistemi di videosorveglianza intelligenti. In questo caso titolare del trattamento rimarrà comunque l’ente mentre l’istituto di vigilanza assumerà la qualifica di responsabile esterno del trattamento dei dati. In questo caso sarebbe opportuno inserire la facoltà di esternalizzare il controllo e la gestione delle telecamere all’interno del regolamento della videosorveglianza, ribadendo le finalità della videosorveglianza sia all’interno del regolamento sia nel contratto di affidamento del servizio. Ed inoltre provvedere necessariamente ad acquisire dalla società di videosorveglianza la nomina dell’eventuale persona fisica a cui saranno delegate le funzioni di responsabile esterno del trattamento dei dati al quale saranno affidati specifici compiti e funzioni quale referente operativo della società di videosorveglianza. Eventualmente poi sarebbe utile nominare con mansioni diverse anche come operatore accreditato con funzioni di responsabile un funzionario della Polizia Locale (il Comandante o altro ufficiale) che si interfaccerà con compiti diversi col responsabile della società di vigilanza e fare in modo che le videocamere comunali date in controllo e gestione alla società siano collocate in una “control room” dedicata e non in una generica centrale operativa dove vengono svolte attività diverse e visionate telecamere di impianti non appartenenti al Comune.
Infine provvedere come già detto in precedenza, da parte del titolare ad individuare e a nominare unitamente al responsabile della ditta operatori dipendenti della società di vigilanza privata come “autorizzati al trattamento dei dati” (accesso a control room, visione immagini, salvataggio, ecc.), in un numero il più possibile limitato in virtù del principio del “minimizzazione dei dati” previsto dall’art. 5, paragrafo 1, lett. C del Reg.UE 679/2016 (GDPR) che prescrive che i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario in relazione alle finalità per le quali sono trattati.