Sollecitati da un nostro carissimo lettore abbiamo chiesto al nostro esperto di chiarire la destinazione delle Aree, solitamente al di fuori della carreggiata, dei distributori di carburante, secondo la normativa vigente e la dottrina giurisprudenziale.
A cura del Dott. Angelo Di Perna
La giurisprudenza è stata da sempre concorde nel riconoscere alle aree di distribuzione del carburante, poste al di fuori della sede stradale, il carattere di area non ad uso pubblico, anche ne caso in essa avvenga la circolazione di un numero elevato di veicoli. Si aggiunga che è stata sempre improntata a questa definizione, affermando che, ai fini dell’applicazione delle sanzioni inerenti all’inosservanza delle norme che regolano la circolazione, si deve far riferimento non tanto al concetto di proprietà della strada, ma alla sua destinazione.
Si può aggiungere che per destinazione si intende quella che il soggetto, con un atto di volontà, implicito od esplicito, ha inteso dare all’area di sua proprietà; nulla osta alla definizione di area privata se su questa si svolge di fatto un passaggio abusivo di un numero elevato di veicoli e persone, ancorché si evinca facilmente la destinazione dell’area.
Un’area (concetto più generale rispetto a quello di strada) privata, aperta alla libera circolazione di un numero indeterminato ed indiscriminato di persone, viene equiparata ad un area pubblica; è altresì vero che quando la circolazione all’interno di tali aree è consentita a particolari categorie di persone, individuate ed autorizzate dal proprietario, non si può parlare di area pubblica : si pensi ad un piazzale di uno stabilimento, al quale possono accedere solo gli operai e le persone impegnate nell’attività o in funzione dell’attività che in questo viene svolta.
La stessa giurisprudenza espressa dalla cassazione penale riconosce, ad esempio, natura di carattere privato alle piazzole di distribuzione di carburante, anche se su di esse si svolge il passaggio di utenti della strada in numero elevato, in quanto si configura un transito uti singuli e non uti cives.
E’ tuttavia da rilevare che la stessa Sezione, in una sentenza precedente ed isolata, aveva affermato, al contrario, che le aree destinate alla distribuzione dei carburanti, ancorché private, sono soggette ad uso pubblico, poiché, chiunque intenda usufruire dei servizi che su di esse vengono offerti ( anche diversi dall’erogazione del carburante), vi si può liberamente immettere. L’’interpretazione che più si attaglia alla distinzione de quo, è quella che si evince dalla sentenza del Trib. Civ. di Milano sez IV del 10 marzo 1986, secondo la quale un’area di uso privato può considerarsi di uso pubblico se aperta al transito di veicoli, pedoni, animali senza alcuna limitazione in ordine al numero o al fine per cui sia consentito l’ingresso.
Ne consegue che non può ritenersi di uso pubblico, quell’area privata, anche se in diretta comunicazione con aree pubbliche, cui possa accedersi solo in funzione dell’attività o dei servizi che in essa vengono svolti.
Si deve quindi far riferimento alla limitazione soggettiva che esclude la circolazione indiscriminata della generalità dei veicoli. In più di un’occasione la Suprema Corte ha infatti richiamato il concetto di “circolazione di un numero indeterminato ed indiscriminato di persone“, quale criterio atto a determinare l’uso pubblico di un’area. Quindi, è parere di chi scrive che l’area di distribuzione in questione si debba ritenere ad uso esclusivo dei clienti che, seppure in numero indeterminato, non esercitano un uso indiscriminato dell’area, ma finalizzato alle particolari prestazioni erogate all’interno di essa, non potendosi altresì ritenere che l’uso non legittimo di tali aree possa farle ritenere aperte al pubblico passaggio per essere utilizzate al di fuori dei casi consentiti dal proprietario. Non a caso l’uscita dalle aree di distribuzione è regolata dai principi della precedenza assoluta ai veicoli transitanti nelle strade, come ha ritenuto costante giurisprudenza.
Come riferimento base vedasi pure la seguente sentenza della Corte di Cassazione
Corte di Cassazione Civile sez. I 22/7/2009 n. 17075
Aree assirvite stabilmente alla distribuzione di carburante – uso pubblico – pagamento della Tosap
Le aree asservite stabilmente alla distribuzione di carburante, anche solo delimitate da segnaletica orizzontale, sono sottratte all’uso pubblico in quanto riservate all’erogazione di particolari servizi ai clienti e pertanto sono soggette al pagamento della Tosap. Una indiretta conferma che le aree di distribuzione di carburante non sono ad uso pubblico e quindi su di esse non si applica il codice della strada.
(omissis)
FATTO
La () s.a.s., meglio in epigrafe indicata, ha impugnato tre avvisi di accertamento con i quali la () s.r.l., concessionaria per l’accertamento e la riscossione della Tosap per conto del comune di Taranto, contestava l’omesso pagamento del tributo in relazione all’area di rispetto delimitata da linee di demarcazione gialle antistante le colonnine di distribuzione dell’area di servizio condotta in esercizio dalla società, con irrogazione delle conseguenti sanzioni.
La () eccepiva che si trattava di aree esenti in forza del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, lett. d), in quanto l’occupazione era del tutto “occasionale” e limitata al “tempo necessario al carico e scarico delle merci”.
La commissione tributaria provinciale ha escluso che le aree in questione siano esenti dalla tassa, ma ha annullato la irrogazione delle sanzioni.
Società contribuente e società concessionaria hanno appellato la decisione di primo grado e la CTR ha accolto soltanto l’appello della prima. In particolare, i giudici di appello hanno ritenuto che nella specie non sia applicabile la giurisprudenza di questa Corte, che ha ritenuto soggetta a prelievo un’area di rispetto di un distributore di carburante delimitata da una catenella, in quanto la linea gialla di delimitazione non avrebbe la stessa funzione di delimitare la superficie sottratta all’uso della collettività.
Avverso questa decisione ricorre la società concessionaria, prospettando due motivi di cassazione, illustrati anche con memoria.
La società contribuente resiste con controricorso.
DIRITTO
Il ricorso appare fondato.
Con i due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente per le reciproche implicazioni, la società concessionaria lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, lett. d), anche sotto il profilo del vizio di motivazione, in quanto è stata erroneamente applicata la norma di esenzione ad una fattispecie ad essa non sussumibile, sulla base di argomenti comunque lacunosi.
Osserva il Collegio che la norma invocata dalla società contribuente non disciplina l’ipotesi oggetto dell’odierno giudizio. Il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 49, lett. d), dispone testualmente che sono esenti dalla tassa “le occupazioni occasionali di durata non superiore a quella che sia stabilita nei regolamenti di polizia locale e le occupazioni determinate dalla sosta dei veicoli per il tempo necessario al carico e allo scarico delle merci“. La disciplina ha ad oggetto le “occupazioni occasionali” determinata dalla sosta per il “carico e scarico delle merci” e non la destinazione stabile al rifornimento di carburante delle autovetture. Le operazioni di carico e scarico alle quali fa riferimento il legislatore sono quelle intese a rifornire gli esercizi commerciali delle merci necessarie allo svolgimento delle attività (come potrebbe essere la sosta delle autobotti per il carico e scarico dei carburanti), ma non certo le aree asservite necessariamente e stabilmente al rifornimento di carburante delle autovetture. L’attività svolta dagli impianti di distribuzione di carburanti nei confronti degli automobilisti non può essere definito di “carico e scarico merci”. In questa definizione vi è qualcosa di troppo, il carico merci, ma anche qualcosa di meno. I distributori non si limitano al semplice carico e scarico di merci, forniscono invece un vero e proprio “servizio” di rifornimento, unitamente ad altri servizi accessori (controlli di vario tipo, liquidi, pneumatici, ecc.), che richiedono una destinazione permanente delle aree alla sosta delle autovetture. Non si tratta di occupazioni occasionali, si tratta di una occupazione funzionalmente permanente per consentire l’avvicendamento degli autoveicoli che effettuano soste tendenzialmente continue, anche se di durata limitata (che è cosa diversa dalla occasionalità). Il gestore di un qualsiasi esercizio commerciale non è tenuto al pagamento della Tosap per l’occupazione occasionale del suolo durante il tempo necessario a consentire il carico e scarico delle merci, ma se una parte del suolo pubblico viene stabilmente destinata alla sosta delle autovetture dei clienti, non v’è dubbio che per questa “occupazione” è dovuto la relativa tassa. Lo stesso vale per lo spazio destinato alla sosta dei clienti presso i distributori.
In punto di fatto, poi, la delimitazione con la linea gialla dell’area destinata al rifornimento delle autovetture avalla l’ipotesi della esclusione permanente dalla destinazione pubblica del suolo, che è la ratio del presupposto impositivo (Cass. 21215/04, 10498/08).
A questo proposito, il ragionamento che fa la CTR non è per nulla chiaro e/o convincente. Infatti, i giudici di appello hanno ritenuto che la delimitazione con una striscia gialla “del suolo demaniale dato in concessione”, abbia la funzione di delimitare la parte destinata ad uso pubblico, in maniera che il concessionario non “sconfini” e per questa ragione hanno escluso che possa essere equiparata alla “catenella” di recinzione. Il ragionamento appare logicamente errato perchè non tiene conto del fatto che tracciando una linea di confine tra il suolo demaniale che rimane in uso pubblico e quello che viene utilizzato privatamente, si definiscono innanzitutto i limiti del privato, visto che tutto il resto è già di uso pubblico e tale rimane. Più in generale, sul piano logico, non è possibile che una linea tracci il confine della superficie che è alla sua destra e non anche quello della superficie che è alla sua sinistra. E, quindi, se il comune ha tracciato la linea per evitare sconfinamenti, lo ha fatto per definire i limiti della concessione, “richiamando così il concessionario all’osservanza dei limiti a cui è tenuto in conseguenza dell’autorizzazione concessa” (p. 3 della sentenza). E non ha alcun rilievo che la società contribuente non abbia fatto una apposita richiesta, visto che la stessa poteva avere interesse a non tracciare in maniera troppo rigida i propri confini, in modo che all’occorrenza poteva anche sconfinare (da qui il timore del comune).
A nulla rileva il fatto che in base all’art. 158 C.d.S., lett. O), l’area in questione era già gravata dal vincolo del divieto di sosta per la presenza degli impianti. Tale vincolo non comporta l’automatico asservimento all’uso privato (rectius: occupazione) del suolo pubblico, realizzato invece con la apposita delimitazione mediante linee di confine, che quindi impediscono non soltanto la sosta ma anche l’accesso all’interno dell’ area delimitata, che non sia funzionale al rifornimento. A parte la considerazione che il divieto previsto dal codice della strada è limitato all’orario di apertura dell’esercizio, mentre con la destinazione ad uso privato la sosta se non autorizzata dal concessionario, è sempre vietata.
La motivazione appare contraddittoria anche nella parte in cui parla di delimitazione del suolo demaniale dato in concessione ma esclude che il suolo all’interno della delimitazione sia stato dato in concessione o comunque sia oggetto di occupazione.
Conseguentemente, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR per un nuovo giudizio di appello che tenga conto delle considerazioni sopra svolte, provvedendo altresì alla liquidazione del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia.
(omissis