Molteplici sono le affermazioni e giudizi sui Bitcoin: per taluni “È una bolla”, per altri “No, è la moneta del futuro”, “Lo usano i criminali”, “È il migliore investimento che si possa fare”. Bitcoin, e si apre un vaso di Pandora, di pareri e di valutazioni, ed il nostro obbiettivo non sarà quello di fare ulteriore entropia sulla moneta virtuale ma si tenterà di elaborare una analisi razionale.
E’ accaduto, non molto tempo fa, che, dopo aver superato la soglia dei 19mila dollari per 1 solo Bitcoin, si sia scatenata una vera e propria corsa all’investimento nella criptovaluta, come viene comunemente chiamata, che in questo modo continuerà a raggiungere nuovi record, salvo poi arretrare in maniera brusca nell’ultimo periodo. La criptovaluta, poche settimane fa, è giunta a perdere il 40% del valore iniziale ed a bruciare in 24 ore un quarto della sua capitalizzazione di mercato, mandando così in fumo 121 miliardi di dollari di investimenti. I secchi movimenti al rialzo e al ribasso, amplificano le voci dei detrattori ovvero di chi mette in guardia dai rischi e dai pericoli del Bitcoin.
A questo proposito si legga il tweet di qualche settimana fa del fondatore del fondo Algebris, Davide Serra nel quale affermava che: “Il Bitcoin è uno strumento per ripulire il denaro per criminali ed evasori fiscali che è stato trasformato nel più grande schema Ponzi di tutti i tempi con un valore di 160 miliardi di dollari (3 volte Madoff) e io sono stupefatto che non ci sia un solo regolatore che faccia qualcosa. Semplicemente incredibile”.
Prima di proseguire però facciamo alcune precisazioni che possono aiutare il lettore a capire meglio il tweet di Serra. Innanzi tutto, i 160 miliardi di dollari di valore, a cui fa riferimento Serra riferito al mese di novembre 2017, sono legati alla capitalizzazione di mercato (valore complessivo di mercato dei bitcoin) complessiva raggiunta dalla valuta virtuale in corrispondenza dei massimi registrati in quel periodo. Lo schema Ponzi, invece, rappresenta, in estrema sintesi, un modello economico di vendita truffaldino di tipo “piramidale” che promette forti guadagni in poco tempo, a patto che chi partecipa recluti a sua volta nuovi “investitori”, tenuti all’oscuro della circostanza che, questo castello, prima o poi imploderà. Tra i più popolari fra coloro che hanno messo in atto uno schema Ponzi, ricordiamo l’ex direttore del Nasdaq, Bernie Madoff, che non a caso è il personaggio a cui fa riferimento Serra.
A seguito dei vari tweet apparsi sul noto social network non sono mancate le reazioni, anche veementi, da parte degli attivisti, fra questi il patron di Algebris, Alan Silbert, fondatore di un non meglio precisato “Bitcoin luxury marketplace”, una sorta di “mercatino di lusso” del Bitcoin, dove per rendere appetibile il “disegno” mette in mostra di foto di orologi e auto di lusso che sembrerebbe non potersi acquistare, sul medesimo sito, utilizzando la criptovaluta: “Davide, se davvero sei un gestore ti prego di informarti riguardo al Bitcoin. La tua definizione è del tutto approssimativa e disinformata e in base a questo ragionamento dovremmo vietare il dollaro statunitense o gli euro. Per favore informati qui..” e segue l’indirizzo web di un sito che secondo Silbert sarebbe un’utile fonte informativa.
Dopo le dichiarazioni di Serra, seppure in modo meno aggressivo, l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, in una intervista rilasciata venerdì 1 dicembre 2017 al Tg5, in merito alla circostanza che il Bitcoin possa rappresentare una bolla speculativa, affermava: “Non c’è dubbio. Quando una valuta sale da 1.000 a 10.000 dollari nel giro di un anno si tratta di variazioni assolutamente speculative: il grosso problema è che non esiste una regolamentazione; quindi c’è realisticamente un fattore di rischio che potrebbe anche prestarsi a delle forme di riciclaggio”. Secondo Messina infatti, le grandi autorità mondiali finanziarie “devono occuparsi assolutamente di questo, anche perché l’innovazione sarà sempre più un fattore propulsivo del mondo della finanza e deve esserlo, ma la regolamentazione da parte dei supervisori è indispensabile. Oggi c’è un’ossessione quasi maniacale sulle sofferenze in Italia. Credo che sia molto importante estendere la regolamentazione a derivati e a queste forme e di transazione sul mercato”. Alla domanda poi se avesse senso per un piccolo investitore acquistare della criptovaluta: “Io non lo farei mai”, dichiarava Messina.
Al di là dell’effettiva praticabilità dello schema Ponzi per le criptovalute, il tema dell’illegalità che può celarsi dietro operazioni in Bitcoin è più che mai di attualità. Basti pensare che, stando ad una notizia pubblicata dal DailyMail la Polizia di Londra, alcuni trafficanti di droga utilizzerebbero dei bancomat che cambiano moneta reale in criptovaluta per mettere da parte i proventi dei loro crimini.
Ed è in questo contesto che la decisione del Ministero del Tesoro britannico si spinge, in un momento in cui, come sta accadendo sulle piattaforme di scambio il Bitcoin, brucia un record dietro l’altro, di inasprire le norme sulla valuta virtuale per renderne più trasparente e tracciabile l’impiego.
Il tema come viene approcciato in Italia?
Diverse authority, da tempo, hanno lanciato l’allarme sulla carenza di regole del Bitcoin, ad esempio, lo ha fatto, in occasione una recente audizione in commissione Finanza alla Camera, il presidente uscente di Consob, Giuseppe Vegas, sugli effetti del Fintech sul mondo finanziario di cui il Bitcoin non è altro che un figlio, ha espresso alcune preoccupazioni “potrebbe porre problemi drammatici di tenuta del sistema delle banche, se queste non riusciranno ad adattarvisi rapidamente”. E questo anche perché “la rete del Fintech si muove in una sorta di limbo regolamentare, che ne favorisce l’azione. Esattamente il contrario di quanto avviene nel tradizionale settore creditizio, appesantito da una massiccia regolamentazione, stratificata nel tempo” inoltre Vegas ha spiegato il perché a suo dire esiste il pericolo di uno schema Ponzi: “Attendiamo una regolamentazione di carattere generale, per non invadere un campo che non è nostro, in quanto se li si considera moneta e non prodotto finanziario, la regolamentazione spetta all’autorità monetaria. Peraltro il fatto che una moneta sia costruita con algoritmi che stringono il cono e quindi schiacciano verso un aumento del prezzo preoccupa tutti perché è un meccanismo che può diventare simile al famoso schema Ponzi o alla catena di Sant’Antonio”.
In conclusione, prima che vengano bruciati i risparmi di inesperti investitori, attratti dalle promesse di un rapido guadagno, come fu per il metodo Ponzi, e perchè non si trovi una alternativa al riciclaggio, sarebbe auspicabile una regolamentazione sui Bitcoin e, più in generale, il Fintech prima che spazzino via l’industria tradizionale del credito, banche comprese.