Non è una novità, purtroppo, che un individuo si appelli alla Suprema Corte di Cassazione al fine di ottenere la condanna del Comune per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza delle lesioni personali patite a causa d’una caduta, avvenuta mentre percorreva una strada comunale, ed ascritta al carente stato manutentivo di questa.
Da qui la Corte di Cassazione Civile con propria Ordinanza N. 3216 pubblicata il 7 febbraio 2017 torna, in qualche modo, a ribadire la questione delle responsabilità in capo all’Ente Locale quando la strada pur non essendo di sua proprietà ma deputata all’uso pubblico. Anche in questo caso, infatti, l’Ente territoriale su cui insiste detta strada di proprietà privata, ma utilizzata dalla collettività, è tenuto non solo a mantenerla in efficienza e scevra da potenziali pericoli, ma è altresì tenuto al risarcimento del danno qualora si accerti il nesso di causalità tra la presenza dell’insidia ed il danno provocato ai fruitori della viabilità su quella strada: “…il Comune il quale consenta alla collettività l’utilizzazione, per pubblico transito, di un’area di proprietà privata, si assume l’obbligo di accertarsi che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non sia trascurata. Ne consegue che l’inosservanza di tale dovere di sorveglianza, che costituisce un obbligo primario della P.A., per il principio del neminem laedere, integra gli estremi della colpa e determina la responsabilità per il danno cagionato all’utente dell’area, non rilevando che l’obbligo della manutenzione incomba sul proprietario dell’area medesima (Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 7 del 04/ 01 / 2010, Rv. 610958).”
Quando una strada è da considerarsi dunque “pubblica”?
Questa qualificazione è fondamentale per l’assoggettabilità di essa alle norme del Codice della Strada e di conseguenza all’instaurarsi dell’obbligo della sua manutenzione. La tipicità dei doveri connessi alla titolarità della proprietà delle strade in capo agli Enti Locali, nonché al più generale interesse pubblico negli ambiti della sicurezza e viabilità, si rinviene già all’art. 28 dell’Allegato F della Legge n. 2248/1865 e nel successivo R.D. 2056/1923, che reca le disposizioni per la classificazione e manutenzione delle strade pubbliche, trovando una compiuta regolamentazione nell’attuale testo del Codice della Strada (D.Lgs. n. 285/1992). (Per approfondimenti ulteriori passa all’articolo http://www.iprofessionistidellasicurezza.it/2016/05/30/le-aree-private-ad-uso-pubblico/)
La Suprema Corte ha ribadito più volte che non conta tanto l’atto di proprietà, ma l’uso che di esso fa la collettività quando nulla vieta che vi si possa accedere (presenza di recinzioni, barre, paletti di delimitazione, ecc.). In assenza di una specifica previsione, o di un titolo in capo all’ente pubblico, secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione (Cfr. sentenza n. 1624/2010 Sezioni Unite) sono quattro gli elementi che caratterizzano la sussistenza della destinazione di uso pubblico di una strada privata:
- Innanzitutto, lo abbiamo anticipato, si devono osservare le condizioni effettive della via ovvero il passaggio o il transito esercitato da una collettività indeterminata di persone.
- La concreta idoneità dell’area a soddisfare esigenze di interesse generale attraverso il collegamento anche indiretto alla pubblica via.
- La presenza di pubblici esercizi e strutture pubbliche.
- La sussistenza di fatti o atti giuridici idonei a fondare il diritto di uso da parte della collettività.
L’ente, quindi, quando ricorrono le su citate circostanze, è responsabile della manutenzione poichè, consentendo l’utilizzazione della strada di proprietà privata alla collettività per pubblico transito, assume contemporaneamente l’impegno a mantenere in efficienza il suo suolo e di accertare che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non sia trascurata, e quindi potenzialmente pericolosa per veicoli e pedoni. Per questa ragione che la Cassazione conclude accogliendo il ricorso proposto, affermando che: ” Il giudice di rinvio, nel riesaminare la domanda, si atterrà al seguente principio di diritto: ‘E’ in colpa la pubblica amministrazione la quale né provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le vie pubbliche, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti della strada, né provveda ad inibirne l’uso generalizzato. Ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d’una strada, la natura privata di questa non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale, se per la destinazione dell’area o per le sue condizioni oggettive, l’amministrazione era tenuta alla sua manutenzione”.
Attenzione però! Non ogni caduta, o danno ricevuto, potrà essere addebitato all’Ente, che ha si la responsabilità della manutenzione, ma non quando il comportamento tenuto è tale da incorrere nel danneggiamento per non aver evitato quegli ostacoli facilmente visibili con l’ordinaria diligenza.
In conclusione, si faccia attenzione ad operare un distinguo tra il concetto generico di “buca”, che non sempre sarà risarcibile, da quella che riveste le caratteristiche dell’”insidia stradale”. Non è definibile tale, ad esempio, quella buca di grosse dimensioni che consente di poter essere avvistata con un minimo di prudenza.
Corte di Cassazione Civile con propria Ordinanza N. 3216 pubblicata il 7 febbraio 2017