Commercio e autotutela: legittima la competenza del Comandante
Nessuna violazione del principio di imparzialità per il Comandante che esamina gli scritti difensivi e allo stesso tempo emana la sanzione
IL FATTO
In seguito agli accertamenti svolti dalla polizia municipale, un esercente viene sanzionato per non aver rispettato la normativa in materia di vendite promozionali. Ritenendo di essere nel giusto, il privato invia i propri scritti difensivi al Comandante del corpo di Polizia Municipale il quale tuttavia non accoglie tali doglianze ed avvalla, al contrario, l’accertamento svolto dai propri sottoposti. Su ricorso del commerciante, il giudice di pace annullava l’ordinanza-ingiunzione poiché la ritiene lesiva del principio di imparzialità poiché le istanze difensive del ricorrente in primo grado erano state esaminate dal medesimo organo che in seguito aveva applicato la sanzione. Il giudice d’appello non condivide le conclusioni cui si era giunti in primo grado e ripristina quindi l’efficacia dei provvedimenti sanzionatori adottati dal Comune: nessun contrasto con l’art. 97 Cost. appare configurabile in quanto la dedotta terzietà dell’organo non è richiesta nei casi di richieste di riesame di atti in sede di autotutela. La terzietà è richiesta semmai nel caso di ricorsi giurisdizionali mentre nel caso dell’esercizio del potere sanzionatorio della Pubblica Amministrazione l’autorità che rileva l’infrazione ben può essere la stessa chiamata ad esaminare le difese del trasgressore prima di emettere definitivamente la sanzione.
LA DECISIONE
I giudici hanno ritenuto di accogliere l’appello.
In tema di competenza all’emanazione dei provvedimenti sanzionatori in materia di commercio l’art. 22 del D.Lgs. 114/1998 dispone: “per le violazioni di cui al presente articolo l’autorità competente è il sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento”. Deve però fin da ora rilevarsi che tale disposizione deve ritenersi implicitamente abrogata dal D.Lgs. 267/2000. Sul punto, infatti, la giurisprudenza ha chiarito che, dopo l’entrata in vigore del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (appunto il D.Lgs. 267/2000), la competenza ad irrogare sanzioni amministrative deve ritenersi appartenere ai dirigenti degli enti locali in virtù dell’art. 107 del T.U. citato, la cui disciplina ha carattere innovativo anche rispetto al riparto di attribuzioni in precedenza regolato dal D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 114 (che attribuiva al sindaco, come detto, il potere di emanazione dei provvedimenti di irrogazione di sanzioni). In particolare, il comma 1 del predetto articolo 107 dispone che i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo dell’ente (nella specie, al sindaco del comune), mentre il comma 2 precisa che sono attribuiti ai dirigenti “tutti i compiti, compresa l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l’amministrazione verso l’esterno” non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni degli organi di governo o non rientranti tra quelle del segretario o del direttore generale. In un caso, ad esempio, la Suprema Corte ha ritenuto legittima l’ordinanza-ingiunzione con cui si contestava il ritardo nella comunicazione della cessazione di un’attività commerciale, sottoscritta dal dirigente del servizio tributi di un Comune, anziché dal Sindaco (Cass. civile, sez. II, 8 aprile 2009, n. 8560); in un altro, invece, relativo all’abusiva occupazione di suolo pubblico da parte di commerciante ambulante, si è affermata la correttezza di un’ordinanza-ingiunzione emessa dal comandante della polizia municipale, quale dirigente superiore del servizio, preposto anche al controllo dell’osservanza della disciplina sul commercio e nel quadro della specifica attribuzione di poteri prevista dallo statuto comunale (Cass. civile, sez. II, 6 ottobre 2006, n. 21631 e conforme Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18060 del 27/08/2007).
Nel caso specifico il comune di B., conformemente ai precedenti esaminati, ha stabilito attraverso il suo regolamento amministrativo avente portata normativa generale di natura secondaria, che competente a conoscere delle difese presentate dai soggetti ai quali sia contestata l’infrazione debba essere la polizia municipale, alla quale è attribuito lo specifico servizio di controllo dell’osservanza della disciplina del commercio. Orbene nessun contrasto con l’art. 97 Cost. appare configurabile in quanto la dedotta terzietà dell’organo non è richiesta nei casi di richieste di riesame di atti in sede di autotutela. La terzietà è richiesta semmai nel caso di ricorsi giurisdizionali mentre nel caso dell’esercizio del potere sanzionatorio della PA l’autorità che rileva l’infrazione ben può essere la stessa chiamata ad esaminare le difese del trasgressore prima di emettere definitivamente la sanzione. Per questi motivi i motivi d’appello dedotti all’appellante appaiono fondati. Infatti anche il motivo attinente al merito e connesso alla presunta rilevanza della sua condotta ai sensi dell’art. 95 piuttosto che ai sensi delle norme contestate art. 90 e 96 legge Toscana n. 28/2005, è del tutto infondato. Infatti l’art. 90 legge Toscana 28/2005 prevede che per le merci oggetto di vendite straordinarie debbano essere indicati il prezzo normale di vendita, lo sconto applicato e il prezzo finale con lo sconto.
Dalle fotografie scattate dai verbalizzanti, emerge che invece le merci riportavano un solo prezzo di vendita, e così gli acquirenti non erano posti in grado di comprendere se quello fosse il prezzo originario o quello scontato, e il tutto quindi si svolgeva senza trasparenza. Dalle dichiarazioni dei proprietari era poi emerso che il prezzo indicato nel cartellino era il prezzo finale, nonostante all’esterno del negozio e anche all’interno fosse scritto sui cartelli che sarebbe stato applicato il 50% di conto alla cassa. Per tali motivi le norme sono state correttamente contestate e le ordinanze ingiunzione dirette all’amministratore e alla società sono legittime e come tali ne deve essere confermata la validità.
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