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Georeferenziazione della Sicurezza Urbana

Il seguente articolo intende approfondire il concetto di Georeferenziazione della Sicurezza Urbana nell’ambito dell’attività quotidiana svolta dalla Polizia Locale applicando uno sforzo interpretativo capace di indagare i due elementi, “Georeferenziazione” e “Sicurezza Urbana”, che edificano e compongono la sua essenza. La Sicurezza Urbana rappresenta, per gli addetti ai lavori, una costruzione giuridica frutto di un percorso complesso e articolato che ha portato il legislatore a definirne codicisticamente, attraverso il D.M. 8 agosto 2008, il contenuto in termini di “Incolumità Pubblica” e “Sicurezza Urbana”.   Una breve premessa risulta, tuttavia, necessaria per inquadrare il contesto storico giuridico nel quale si viene a sviluppare il concetto di “Sicurezza Urbana”. Il Decreto Legge 92/2008, convertito e modificato dalla Legge 125 del 2008, facente parte del c.d. “Pacchetto Sicurezza”, è stato varato al fine di contrastare fenomeni di illegalità diffusa collegati all’immigrazione illegale e alla criminalità organizzata”, sull’onda di vere o presunte emergenze, allo scopo di fornire risposte immediate a questioni che richiederebbero, da un diverso punto di vista, un approccio maggiormente ponderato. Infatti, il ricorso a decreti d’urgenza, sull’onda di quella che è stata definita una “giustizia emotiva“, oltre a rappresentare un preoccupante segnale di deriva degli strumenti ordinari di legiferazione, comporta uno scostamento del diritto penale e processuale penale verso forme maggiormente preventive della sicurezza, spesso a scapito del riconoscimento delle libertà individuali.  Rimandando ad altra e più opportuna sede un approfondimento giuridico in merito alla produzione normativa che lega la propria genesi ad una logica emergenziale, il D.M. 8 agosto 2008 ha l’indubbio merito di fare chiarezza sul significato del concetto di “Sicurezza Urbana”, individuandone l’ambito di applicazione e esemplificando le situazioni e i comportamenti da contrastare attraverso gli interventi del  Sindaco. Il D.M. citato definisce, all’art. 1, l’incolumità pubblica come l’integrità fisica della popolazione, mentre considera la sicurezza urbana come un bene pubblico da tutelare attraverso le attività  poste  a  difesa,  nell’ambito delle comunità locali,  del  rispetto  delle  norme che regolano la vita civile, per migliorare  le  condizioni  di  vivibilità  nei  centri  urbani,  la convivenza civile e la coesione sociale. Inoltre, il D.M. esemplifica alcune situazioni quali quelle di degrado, di incuria o di isolamento, sulle quali il Sindaco, interviene al fine di prevenirle e contrastarle, secondo quando previsto dal comma 4 dell’art. 5 del D.Lvo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico delle Leggi sull’ordinamento degli Enti Locali) egli, infatti, “in qualità di ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato provvedimenti [, anche]  contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana”.Fatto salvo l’intervento della Corte Costituzionale ch,e con la sentenza n.115 del 2011, cassa per incostituzionalità la locuzione [, anche] limita l’intervento dell’Autorità Locale ai soli provvedimenti contingibili ed urgenti, il Sindaco interviene quindi, ovvero dovrebbe intervenire, in una prospettiva preventiva (… al fine di prevenire …), ponendo in essere quell’insieme di azioni finalizzate all’impedimento e/o alla riduzione del rischio della probabilità che si verifichino eventi non desiderati a danno del bene giuridico protetto. Il concetto ha validità ed è presente in diversi ambiti che generalmente sono rivolti all’eliminazione o, nel caso in cui la stessa non sia concretamente attuabile, alla riduzione dei rischi che possono generare dei danni all’incolumità delle persone o delle infrastrutture. A questa competenza, affidata, secondo la vigente normativa, al Sindaco in qualità di Ufficiale di Governo, si affianca il compito di … contrastare, (come prevede all’art. 2 del D.M. 8 agosto 2008), quelle situazioni, di seguito elencate nell’articolo 2, di degrado e incuria che alterano il decoro urbano e quell’insieme di condotte che generano offesa alla decenza pubblica o provocano scadimento della qualità urbana. Una riflessione sul termine contrastare ci porta a individuare l’attività appunto di contrasto, che si realizza nell’ostacolare o nel cercare di impedire l’attuazione, l’accadimento o il verificarsi di qualcosa che, letto in forma coordinata alla normativa indicante le funzioni del Sindaco (art. 54 TUEL), si riferisce a quelle condotte e a quei fenomeni indicati, in forma “esemplificativa” e a parere di chi scrive non per nulla esaustiva, nell’elenco dell’art. 2 del D.M. 8 agosto 2008 che identifica gli ambiti di applicazione della normativa. Gli strumenti a disposizione del Sindaco per attuare queste funzioni “di prevenzione e di contrasto” indicate nel D.M. 8 agosto 2008 (emanato appositamente per esplicare gli ambiti di attuazione della sicurezza urbana e dell’incolumità pubblica come riportato nel titolo stesso del Decreto Ministeriale pubblicato in  Gazzetta Ufficiale 9 agosto 2008, n. 186), si ritrovano nell’art. 54 del TUEL, ovvero nelle “Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale”. Più precisamente, ci si riferisce ai primi 4 commi dell’art. 54, quindi tutti quegli atti e provvedimenti contingibili ed urgenti quali le ordinanze sindacali. Tali considerazioni, scevre dall’essere un semplice e sterile giudizio verso quelle policy positivamente adottate a contrasto di diffusi fenomeni di micro-criminalità, dai primi cittadini nei diversi contesti locali, offrono una prospettiva di riflessione su ciò che invece non si è attuato in un’ottica preventiva, che coinvolge i diversi attori sociali che contribuiscono al rafforzamento della sicurezza urbana.

Secondo quest’accezione giuridica, la Sicurezza Urbana viene intesa come parte di quella Sicurezza Pubblica che dovrebbe essere in capo allo stato, come prevede specificatamente la costituzione all’art. 117, comma 2, lett. h), e che invece viene sempre più delegata al Sindaco, come Ufficiale di Governo, investendolo di un ruolo primario nella costruzione della sicurezza.

Tuttavia, proprio per la sua spiccata peculiarità preventiva, la Sicurezza Urbana, dovrebbe essere più affine alle funzione di polizia amministrativa, funzione fondamentale delle polizie locali, intervenendo su quei fenomeni non criminali che generano quel diffuso senso di insicurezza.

photo-1443360331413-5badf24a571aLa sensazione d’insicurezza, che è certamente legata ai livelli di criminalità o devianza, presente nel territorio cittadino in cui si vive, mostra connessioni con quei fattori complementari generatori e generati dal deterioramento socio-ambientale. Il degrado edilizio, il danneggiamento e la mancanza di manutenzione dell’arredo urbano, delle strade e dei luoghi pubblici, il deturpamento graffitaro sui muri delle case, l’illuminazione assente o insufficiente, la presenza di gruppi di extra comunitari e/o nomadi che importunano, l’uso in pubblico di alcool o di droghe e la palese attività di spaccio, la presenza diffusa della prostituzione, la circolazione veicolare incontrollata e pericolosa, rappresentano quell’insieme di fenomeni che rientrano nelle cosiddette “incivilties” e in quei crimini di lieve entità definiti “soft crimes” che segnalano lo scadimento sociale. Una più attenta considerazione sull’insieme delle condotte illegittime e dei fenomeni criminali, che la normativa in oggetto tenta di contrastare, ridurre e perseguire, consente di individuare nell’ambiente urbano il fattore comune della loro genesi ed evoluzione. A questa degenerazione urbana coincide il sorgere di una paura diffusa da parte dei cittadini, di rimanere vittime di eventi capaci di mettere a rischio l’incolumità personale o l’integrità dei propri beni, benché molte indagini di vittimizzazione negano la scontata correlazione tra crimine e paura sociale, dimostrando che la paura del crimine è molto più diffusa rispetto al numero dei reati. L’analisi sull’evoluzione giuridico e sociale della sicurezza urbana ci ha condotti ad individuare in larga misura quali sono quei fenomeni, che si presentano nei contesti urbani, tuttavia per conoscere più a fondo l’evoluzione di questi eventi urbani è necessario attivare un’analisi maggiormente approfondita che possa offrire una più ampia visione su quelle dinamiche particolari che caratterizzano i contesti urbani odierni. Lo scopo è appunto quello di individuare quelli che, nelle scienze criminologiche, vengono definiti fattori criminogenetici, ovvero quell’insieme di condizioni favorevoli che non impediscono, o addirittura favoriscono, il sorgere di situazioni che minano la tranquillità sociale. A supporto di quest’analisi criminale è necessario l’utilizzo di nuovi strumenti operativi mutuati da altre discipline e capaci di intendere lo spazio come oggetto di analisi, evidenziando le interconnessioni sociali e le dinamiche socio-territoriali che si realizzano al suo interno tra i cittadini e lo spazio antropizzato, e di discipline che sappiano governare lo sviluppo armonico dei contesti urbani, indicati come l’ambito principale di crescita della popolazione e luogo ove si sviluppano le condotte sociali, siano esse legittime o criminali,  in un’ottica di sicurezza urbana. Gli strumenti GIS (Geographic Information System), sono sistemi informatici (hardware e software) progettati per la raccolta, l’archiviazione e il processamento di dati geografici nelle modalità grafica e analitica. Questo sistema di informazione sui luoghi, o più precisamente sul territorio ci fornisce la conoscenza di dove si trova un qualcosa e di cosa c’è in una determinata area individuata da precisi riferimenti spaziali. I GIS sono quindi strumenti, che permettono di organizzare, rappresentare, interrogare ed analizzare informazioni geolocalizzare, riferite a strutture, infrastrutture ed eventi presenti sul territorio. La funzionalità dei sistemi digitali utilizzati dai GIS permette una serie di operazioni che si possono eseguire sugli archivi informatici, i Data Base, quali: ricerche, analisi statistiche, rappresentazioni grafiche ed altre funzionalità proprie dei GIS, come la memorizzazione dei dati territoriali ed il loro trattamento al fine di creare rappresentazioni sotto forma di carte tematiche nelle quali vengono rappresentate le informazioni riferite ad una parte di territorio più o meno estesa. E’ proprio questa caratteristica che consente ai GIS, rispetto ad altri sistemi informatici, di creare mappe che mettono in rilievo determinati aspetti antropici, integrare informazioni diverse tramite la sovrapposizione di più strati informativi di dati e di visualizzare scenari, anche tridimensionali, per risolvere problematiche complesse afferenti il contesto urbano elaborando le soluzioni più efficaci. In questi termini, il luogo localizzato tramite riferimenti spaziali (le sue coordinate geografiche), si arricchisce di significati e di riferimenti culturali e sociali che implicano la presenza di condotte umane e, quindi, di relazioni tra individui e strutture, oltre che la collocazione di eventi a livello temporale. La struttura del GIS, infatti, ci permette di associare diverse serie di informazioni omogenee (come ad esempio la rete viaria, corsi d’acqua, strutture ed infrastrutture ma anche eventi singoli e fenomeni) ed organizzarle in singoli livelli sovrapponibili, i cosiddetti strati informativi (layer). Ognuno di essi contiene informazioni geolocalizzate, specifiche e tematiche che secondo un sistema di livelli possono essere rese evidenti o meno a seconda dello scopo della carta tematica, al fine mappare e analizzare i fenomeni che accadono nello spazio e nel tempo. Nel complesso la tecnologia GIS unisce in un unico sistema informativo i procedimenti e le operazioni dei comuni data base con l’analisi geografica, perché usa le georeferenziazione come principale meccanismo di immagazzinamento e di gestione delle informazioni. Ciò permette di superare l’idea di GIS come mero strumento di analisi geografica, permettendo di includere il sistema informatico territoriale all’interno di un processo di programmazione di strategie decisionali che si adattino all’evoluzione dinamica del contesto urbano oggetto dell’indagine. La georeferenziazione della sicurezza urbana, è il risultato di contaminazione e compenetrazione tra discipline diverse, quella più tecnica, basata sulla rigorosa analisi statistica dei dati georiferiti, e quella criminologica che fonda le sue radici sulle teorie sociologiche che interpretano e cercano di spiegare il nascere, l’evolversi e l’affermarsi delle condotte criminali, attraverso l’individuazione e l’analisi di specifici fattori generativi connessi ad un preciso contesto territoriale.(teoria della Broken Windows, teorie di Environmental Criminology, teoria della Scelta Razionale, Teoria della Prevenzione Situazionale del Crimine, …) Infatti, quella che in forma riduttiva viene definita la “Mappatura del Crimine” o in inglese “Crime Mapping”, intendendo il crimine nell’accezione anglosassone di violazione normativa in senso ampio (condivisa da Sutherland nella sua teoria del crimine dei colletti bianchi), non è altro che il processo di condurre un’analisi spaziale entro l’ambito di un’analisi del crimine. Più precisamente,  “La Mappatura del Crimine” è un processo che utilizza un sistema di informazione geografica per condurre un’analisi spaziale dei problemi di criminalità e disordine o di questioni connesse alla sicurezza delle città. L’analisi della distribuzione geografica e la frequenza temporale della distribuzione dei fatti considerati nel contesto urbano permettono l’individuazione di modelli che mirano a delimitare le aree ove il fenomeno, oggetto dell’indagine, si presenta in maniera più ricorrente. Nelle scienze criminologiche tali luoghi vengono identificati con il nome di hot spot e rappresentano quelle aree di alta concentrazione spazio-temporale dell’illegalità dove è necessario spingere l’indagine verso analisi qualitative finalizzate all’individuazione delle relazioni causali tra contesto socio-ambientale e fenomeni illegali. Ciò permette, attraverso la valutazione delle tendenze dei fenomeni individuati, una maggiore comprensione delle loro dinamiche di sviluppo, consentendo, da un lato, l’elaborazione di scenari capaci di offrire ai decision maker una più ampia visione che tiene conto di tutti gli aspetti (fisici, ambientali, sociali e culturali) che interagiscono nella formazione dei fenomeni da contrastare e, dall’altro la possibilità di individuare le strategie più idonee e le opportune misure operative di contrasto e di prevenzione ai fenomeni che interessano l’ambito urbano. Infine, il crime mapping, grazie alla sua caratteristica di coniugare la dimensione spaziale a quella temporale, rappresenta uno strumento di verifica in ordine all’efficacia delle policy adottate, attraverso il quale  poter intervenire con i dovuti correttivi alle azioni poste in essere. Considerare la georeferenziazione della sicurezza urbana come un semplice strumento di analisi statistico-geografica sarebbe applicare una logica riduttiva e non permetterebbe di riconoscere le potenzialità di un “processo che ha il pregio di cogliere meglio le dinamiche di utilizzo del crime mapping nel contesto di sicurezza urbana, dato che la sicurezza medesima è da intendere essa stessa come un processo e non come un prodotto” (L’efficacia del crime mapping per la sicurezza urbana: il caso di Enfield (Londra), Fabio Bravo, in Rivista di Criminologia, Vittimologia e Sicurezza – Vol. VIII – N. 1 – Gennaio-Aprile 2014). Ancor meno, considerare la georeferenziazione della sicurezza urbana come punto di arrivo di un nuovo modello di sicurezza urbana, sarebbe fissare limiti, anche di carattere concettuale, alle potenzialità di sviluppo ed implementazione della tecnologia utilizzata alla base dei sistemi georiferiti. Difatti, un esempio di innovazione, lo troviamo nel lavoro svolto dal Centro di Ricerca Transnazionale sul Crimine – Transcrime, che ha sviluppato un sistema Information Comunication Technology ICT che tramite l’utilizzo di sofisticati algoritmi matematico-statistici, permette la predizione della criminalità. Il sistema è basato sull’elaborazione di dati statistici georiferiti, provenienti da diversi Data Base, (dati sui crimini inseriti nello sistema di Indagine del Ministero dell’Interno – SDI, variabili socio-demografiche e ambientali georiferite) tiene anche conto della concentrazione del disordine e del degrado urbano e sociale, sia di quello reale che percepito, della vittimizzazione e dell’insicurezza percepita. Il progetto denominato eSecurity, che è stato sviluppato sulla base di esperienze anglosassoni di polizia predittiva (IBM – software Blue CRUSH in collaborazione con la Polizia di Memphis (USA), Università CLA della California in collaborazione con la Polizia di Los Angeles (USA), …), si prefigge l’obiettivo di prevedere l’accadimento di eventi, e quindi prevenire le concentrazione spazio-temporali dei fenomeni di criminalità e di tutti quei fattori criminogenetici che hanno un impatto rilevante sulla sicurezza urbana reale e sulla percezione di sicurezza. In conclusione la georeferenziazione basata sui sistemi GIS, le nuove tecnologie ICT (senza tralasciare la necessaria revisione della definizione di sicurezza urbana a livello normativo) rappresentano per le attività di Polizia Locale le fondamenta su cui basare una riorganizzazione delle strutture delle agenzie di controllo (Polizie Locali, FF.OO,…) e degli Enti Pubblici, che si accosti a quella normativa-istituzionale, e tenga necessariamente in considerazione la prevenzione come cardine fondamentale di questo nuovo paradigma della sicurezza urbana.

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