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Il TSO torni all’originario scopo: un Trattamento Sanitario.

La confusione che regna intorno alla questione “ TSO -trattamento sanitario obbligatorio” ha le sue radici nel retaggio culturale che fa del paziente psichiatrico un folle e basta. Ancora alberga, nei nostri cuori e nelle mostre menti, un pregiudizio che genera paura dell’individuo affetto da psicopatologie, una paura che ci renderà insicuri e che produrrà ansia e quindi aggressività.

Ma è bene dirlo: una cosa è la malattia mentale ed un’altra la follia. Sono esistiti, infatti, serial killer perfettamente lucidi, i cosiddetti organizzati, che vivevano una vita sociale integrata, con mogli, amanti, fortemente intelligenti, arguti pianificatori. Costoro non erano folli impulsivi ma scientemente pianificatori di disegni criminosi.

Il concetto di follia è frutto del retaggio culturale di matrice manicomiale. Nasce storicamente con una prassi sociale di internamento di coloro che rappresentavano ostacolo al cambiamento della società in crescita con l’avvento della borghesia. Coloro che non riuscivano in qualche modo ad integrarsi venivano considerati “diversi”, “anormali”, “folli”, per cui nasce in il bisogno di trovare loro una collocazione che non fosse di disturbo sociale. Si addiviene alla realizzazione di edifici situati alle estreme   periferie delle città, circondati da mura imponenti e qui affidati ai medici che più che medici erano dei “guardiani”. Sorgono i MANICOMI, le cui mura avevano il chiaro intento di nascondimento delle anormalità. All’interno di queste strutture si persegue la ricerca delle cause organiche della malattia mentale, cioè si va alla ricerca di cosa abbia prodotto un inceppamento delle normali funzioni ideatorie nel cervello, per cui l’istituto manicomiale, come luogo di cura, è volto a disciplinare ed educare le persone malate, a cui inculcare “una volontà e coscienza ferma e diretta”, come sosteneva lo psichiatra e fisiologo italiano Carlo Livi, che a Reggio Emilia organizzò il manicomio che dirigeva come importante centro per gli studi di psichiatria. All’interno di questi istituti di contenimento venivano rinchiusi anche coloro che recavano “pubblico scandalo”, si immagini i “clochard”.

Ma i “clochard” possono essere considerati dei matti? Dei folli sanguinari?

Questa riflessione è volta a significare che occorre allontanarsi dal concetto di follia applicato al malato psichiatrico perché il rischio che si corre è grave, specie per chi, per ragioni di lavoro, deve avere a che fare con queste persone: quello di esserne influenzati al punto da amplificare involontariamente le valutazioni in senso negativo, maturando poi una risposta fortemente aggressiva, più del dovuto, più del necessario. E la cronaca è densa di questi episodi.

Si sappia, inoltre, che l’aggressività che spesso si riscontra all’atto della coercizione sanitaria, come è accaduto, per citare un esempio, a Torino nel caso del ragazzo poi deceduto che era stato intercettato seduto tranquillo su una panchina pubblica, è stato in quel contesto di natura reattiva, attivatosi perché l’individuo non voleva essere curato e/o condotto nel luogo di cura, mentre non può essere inteso in quello specifico quale sintomo di malattia, basti pensare che chiunque se sottoposto contro la propria volontà a fare qualcosa, reagirebbe naturalmente difendendosi. E’ innato, infatti, nell’uomo l’aggressività di attivazione spontanea, istintiva, quando qualcuno lo tocca senza il suo consenso. Non è permesso a nessuno di poter toccare un altro essere umano senza previo consenso, tollerato in talune situazioni involontarie dovute a situazioni di condivisione di spazi ristretti, come ad esempio in un ascensore affollato o su di un autobus.

Ciò premesso, al fine di preservare la salute di chi vi è sottoposto e l’incolumità di chi vi debba dare esecuzione, il trattamento sanitario non può essere considerato, sic et simpliciter obbligatorio, inteso come attività coercitiva di polizia. L’obbligatorietà è nell’accezione delle cure, come attività sanitaria somministrata anche contro il volere ed il libero arbitrio del singolo, in altre parole anche in assenza del consenso. Se si tiene bene a mente questo principio, le scelte operative di polizia saranno poste in essere sempre nel rispetto della salute del paziente e mai a rischio compromissione.

In tal senso, se non ricorre lo stato di necessità, essendo il TSO obbligatorio nel carattere sanitario e non di polizia, può essere procrastinato alla condizione di imminenza della necessità ed urgenza, e non solo ipoteticamente addotta nella fase di redazione di una proposta. Ecco perché il medico deve essere sempre presente: ad accertarne la sussistenza del carattere di urgenza.

Se, dunque, tutti coloro che sono chiamati ad intervenire sul malato psichiatrico, facessero proprie queste semplici considerazioni, si potrebbe ritenere necessitante il recupero del paziente sotto il profilo della salute psichica e si potrebbe pensare anche di andare a tifare la Nazionale di Calcio dei Pazienti Psichiatrici, i quali recentemente si sono classificati al terzo posto in Giappone ai campionati mondiali di calcio.

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Nazionale Italiana dei Pazienti Psichiatrici

In conclusione, questa è la prova della differenza che passa tra il concetto di follia ed il vero volto della malattia: il paziente psichiatrico, se correttamente seguito da personale preparato e da strutture riabilitative, sarà messo in grado di condurre una vita presso che normale. Il contributo degli operatori di Polizia deve essere quello di aiutare i clinici, attraverso il provvedimento amministrativo dell’Ordinanza Sindacale Trattamento Sanitario Obbligatorio, a venire a contatto con il paziente che non è cosciente del suo stato di salute e del bisogno di cure, tutelando quest’ultimo affinchè il medico fino all’ultimo operi il recupero del consenso, che tale trattamento sia eseguito nella necessità di salvarlo dalla malattia e dunque alla presenza obbligatoria del medico, perchè se il carattere del TSO può dirsi obbligatorio è nell’aspetto sanitario e non di polizia. Addestrarsi all’esecuzione del Provvedimento e alla difesa personale sempre ma come necessario al ruolo di polizia e non del trattamento sanitario perchè il rischio è l’incapacità di discriminare tra l’effettivo stato di necessità e la paura del folle, e dunque di amplificare il ricorso all’aggressività!

Licenza Creative CommonsTutti i Diritti Riservati. Foto Alessandro Pistorio

 

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